Ultima modifica 28 Gennaio 2019
Oggi mi hanno raccontato una storia, non una favola, ma una storia vera.
Una realtà che mi indigna profondamente.
Un allenatore di calcio di bambini di sei-sette anni parla con una mamma di suo figlio. Fino a che l’idiota del momento, rivolgendosi al piccolo gli dice: «Tu hai un gran difetto. Quello di non ascoltare quello che ti dico. E, quindi, non diventerai mai un giocatore di calcio».
Risultato? Il bimbo piange disperato e se ne va.
Sembra una piccola cosa, ma non lo è.
L’unica cosa piccola è il cervello del suddetto allenatore.
Troppo spesso, chi segue i bambini in attività sportive, non si rende conto di quanta influenza e importanza riveste con il suo ruolo.
Tutti quelli che hanno a che fare con i bambini, dovrebbero sapere come comportarsi. Ma, purtroppo, non sempre è così.
Non è una piccola cosa, perché non tutti i bambini reagiscono agli sproni alla stessa maniera. Sempre che di sproni vogliamo parlare.
Perché, per dire a un bambino che deve imparare ad ascoltare, perché solo così potrà imparare e diventare bravo a giocare, ci sono tanti modi.
Le parole hanno un loro peso.
Un significato profondo, che cambia a seconda del contesto, cambia a seconda della persona che l’ascolta, che la riceve e la immagazzina dentro di se a modo suo.
Forse, un altro bambino non se la sarebbe presa.
La frase sarebbe stata sbagliata comunque ma, magari, ci sarebbe passato su o non lo avrebbe considerato importante o, forse, non l’avrebbe dato a vedere, ma l’avrebbe colpito ugualmente.
Almeno, il piccolo in questione, piangendo, ha dato modo a sua madre di affrontare subito la cosa. Non so cosa si siano detti, io non ero presente.
Ma posso dire che io non avrei resistito e avrei detto all’allenatore che è un idiota.
Un idiota insensibile e irresponsabile. Il suo compito di allenatore di una piccola squadra di bambini, non ha come primo scopo insegnare a fare gol o a dribblare l’avversario; a crossare o tirare un rigore.
È una scuola di vita per imparare, giocando, a inseguire un obiettivo, impegnandosi per ottenerlo, a non aver paura e, anzi, fiducia in se stessi.
Le parole dell’idiota in che cosa possono spingere il piccolo?
A credere in sè? A fidarsi degli adulti?
Le parole hanno un peso.
Bisogna imparare e insegnare ai nostri figli come usarle, come e a chi destinarle.
Usando il cervello.
C’è una canzone bellissima che si chiama “Leva calcistica della classe 68″.
È pura poesia in musica. Eccovene uno stralcio.
“….Nino capì fin dal primo momento
l’allenatore sembrava contento
e allora mise il cuore dentro le scarpe
e corse più veloce del vento
prese un pallone che sembrava stregato
accanto al piede rimaneva incollato
entrò nell’area tirò senza guardare
ed il portiere lo fece passare
ma Nino non aver paura di tirare un calcio di rigore
non è mica da questi particolari
che si giudica un giocatore
un giocatore lo vedi dal coraggio
dall’altruismo e dalla fantasia..”
In queste parole il peso c’è, ma vola leggero e colpisce il cuore come una carezza delicata.
Ma esistono anche allenatori come questo che ci restituiscono un po’ di fiducia
““Salve signora!Per me che ho allenato un anno suo figlio ,sapere che è sua intenzione quella di interrompere l’attività ,e’ un piccolo-grande fallimento da allenatore. Un fallimento non solo come tecnico,ma anche come persona, indipendentemente da quelle che sono le problematiche singole del bambino, della famiglia.
Non essere riuscito a coinvolgerlo a pieno,a stimolarlo,ad integrarlo al meglio all’interno della squadra ,a fargli migliorare quei limiti quel tanto che sarebbe bastato,a farlo considerare “più bravo” da se stesso,ma anche da sua madre..
Volevo comunque dirle che suo figlio non sarà stato il migliore fisicamente,tecnicamente,tatticamente….. ma eccelleva, era il più bravo,per la sua attenzione,per l’applicazione delle direttive dategli.Per il rispetto che ha sempre dimostrato nei miei confronti,durante gli allenamenti ed alle partite.In questo era il migliore.E’ sicuramente il migliore,basta farlo continuare a giocare,se è quello che lui vuole!
Con tutte queste qualità umane,si può migliorare tantissimo,lavorando per colmare i suoi limiti . Glielo dice uno che,una volta ,non aveva spazio a Passaggio di Bettona,nella squadra dei suoi amici e coetanei.
A 14 anni stavo per smettere,andai a giocare in un altro ambiente,a Cannara, e trovai il modo di esprimere al meglio quello che avevo dentro.Di migliorare,di vincere tante partite,tante quante ne avevo perse a Passaggio quando,oltretutto,non venivo molto considerato dall’ambiente e dal’ allenatore.
11026224-ragazzini-che-giocano-a-calcio-sul-campo-sportivoA Passaggio di Bettona ci sono tornato a 20 anni,dopo aver vinto anche un campionato juniores nazionale per squadre dilettanti,con il Cannara.Ci sono tornato, perché m’ hanno cercato loro( evidentemente qualcuno non mi aveva considerato quanto meritavo in passato) ed ho giocato e vinto tanto.
Ho vinto anche un campionato anche a Passaggio,prima di infortunarmi e di smettere di giocare qualche anno fa ma smettere di giocare e’ una delle poche cose che cambierei del mio passato,glielo assicuro!Anche perché nel calcio sono riuscito a dimostrare me stesso che con la passione ed il lavoro si possono ottenere grandi soddisfazioni personali,senza sotterfugi di sorta,in maniera pulita.Solo facendosi “un culo così”,insomma.
Aggiungo che le qualità che ha suo figlio,non sono assolutamente secondarie all’ interno di un contesto di gruppo. Cosi’ come e’ giusto cercare di educare,punire,ma non emarginare,un bambino dotato tecnicamente,ma maleducato,e’ altrettanto giusto permettere a che è dotato di altre qualità,e meno di altre,di potersi comunque esprimere.
Oltretutto in un contesto come la Real Virtus. Una società che offre un servizio alle famiglie ed ai bambini del posto,più per funzione sociale ,che per spirito competitivo,di vittoria,di primato.E’ bello vedere che gli amici del paese,possano avere un luogo di ritrovo,per la propria crescita,visto che il nostro paese non ne offre di tantissimi.
Le qualità di suo figlio,sia nella vita settimanale del gruppo,che nella domenica di gara,sono molto importanti per la squadra.Anche per raggiungere quei risultati che,ogni tanto,fanno bene al gruppo stesso.Perche’ suo figlio,sopratutto grazie a voi genitori e’ un bambino che è contento di giocare anche solo 5 minuti.Si impegna,col sorriso.Fa un po’ da contraltare rispetto a chi,dotato tecnicamente,gode della fiducia del mister,a volte,non meritandosela.E gioca magari controvoglia.Non so se c’era quando fece gol;io mi ricordo bene.
È stato molto bello ,vederlo esultare.Una scena quasi da film….chi l’avrebbe mai detto?Forse neanch’io,di certo….però il calcio e’ anche questo.Se ha avuto quella piccola gioia,se l’e’ sudata tutta,suo figlio. Per questo è più bella!Non lo privi di quei 5 minuti se per lui sono importanti.
Alla squadra mancherebbe anche un genitore come te.In un contesto dove tutti gli animi sono esagitati,c’è maleducazione,esasperazione,persone che credono di essere mamma e papà di Messi, Maradona e Van Basten,la sua voce fuori dal coro ed il suo profilo basso,sono un esempio per gli altri genitori.
Ma forse,mi permetta di dirglielo,e’ un po’ troppo fuori dal coro.Talmente tanto che finisce per uniformarsi al coro stesso…se lascia perché suo figlio”e’ scarso”diventa come quelli che credono di avere il figlio “forte” e sbraitano da fuori alla rete,peggio dei cani randagi,pretendendo spazio e importanza.E questa fine non se la meriterebbe, non la rappresenterebbe.
Nel calcio ci vorrebbero più bambini come suo figlio e più genitori come lei. Pensaci e pensateci,anzi:ripensateci!””