Ultima modifica 4 Gennaio 2020
Questo è un film che nel mondo adottivo non può rimanere anonimo, anzi.
La storia di per sè è piuttosto particolare, tratta della ricerca delle origini argomento che prima o poi coinvolgerà tutti: genitori adotti e figli adottivi.
Così ho pensato di darvi entrambi i punti di vista.
Come l’ho vissuto io da madre e come lo ha vissuto Sangeetha da figlia.
Era da quando ho visto il primo trailer in tv che desideravo vederlo.
Sapevo che avrebbe suscitato in me emozioni forti ed infatti così è stato.
La prima parta, dove si racconta di come Saroo si sia perso, è cruda quasi scioccante.
Mi veniva da urlare continuamente: accidenti il bimbo è solo, è spaventato, possibile che nessuno si accorga di lui?
Con il proseguire del film si coglie perfettamente come le grandi metropoli siano completamente assuefatte al dolore ed al caos. Ne diventano così indifferenti tanto da far divenire quel crogiuolo di dolore paniere dalle uova d’oro al fine di rapire e violentare bambini soli, trasformare questi stessi in pezzi di ricambio per malati ricchi in attesa di trapianto.
Ricchi sì, ma totalmente privi di scrupoli da non preoccuparsi da quale corpo arriverà l’organo che riceveranno.
Mi ha profondamente turbato più questa parte che il proseguo che comunque rende molto bene la necessità di un figlio adottivo di conoscere il passato.
Certo è che le storie possono esser decisamente differenti.
Spesso il viaggio del ritorno ha dei risvolti che non pacificano ma che anzi acutizzano dolori latenti ed è a questo proposito che ci si deve preparare e si devono preparare i nostri ragazzi: ad essere forti qualsiasi storia si trovi alla fine del viaggio.
E’ importante per noi genitori saper accogliere e provare a contenere qualsiasi situazione, è fondamentale saper rispettare la volontà e tempi dei nostri figli verso tale ricerca.
Nostro compito è saper dare loro la certezza che qualsiasi cosa troveranno e qualsiasi conseguenza seguirà da questa ricerca noi saremo sempre lì, che la famiglia è famiglia sempre.
Quindi è bene aver ben chiaro cosa ci aspettiamo noi genitori da tutto ciò ed essere sicuri dei nostri sentimenti, perché qualsiasi paura riecheggerà probabilmente dentro di loro.
Si crea quel pensiero per cui si dicono – amo la mia famiglia adottiva, sento che sono loro i miei genitori. Allora perché ho tutto questo desiderio di conoscere il mio passato? – ma l’amore non è qualcosa che si divide, l’amore è quello strano sentimento per cui, ogni volta che aggiungi un soggetto da amare, invece di dividersi si moltiplica.
L’unica accortezza da tenere per la visione di questo film è di andarci insieme ai ragazzi solo se sono loro a sentirne la necessità.
Meglio parlarne prima, le scene sono pesanti e se turbano gli adulti, figuriamo i ragazzi. Come sempre la “curiosità” deve nascere da loro.
Io i miei non li ho portati, ho provato a parlarne ma ho trovato la totale chiusura verso l’argomento. Fa niente, ormai il film è lì e quando vorranno potranno rivederlo con o senza di noi. Decideranno loro.
Sangeetha invece è andata con i suoi genitori…
Il regalo più grande è stato poterlo vedere insieme ai miei genitori. Solo noi tre.
Ritorno bambina insieme a loro e a Saroo. Ma la sua storia è molto diversa dalla mia.
Io ero troppo piccola per ricordare. L’India, una terra povera e piena di contraddizioni.
Bambini per strada, soli e abbandonati che spesso spariscono nel nulla.
Le lacrime scendono perché il mio destino poteva essere qualcosa del genere ed invece è stato tutt’altro.
Poi l’adozione di Saroo e anche la mia.
E qui le lacrime scendono copiose sia dai miei occhi che da quelli di mia mamma.
Mio padre ha gli occhi lucidi.
Riaffiorano ricordi in loro. Io non ricordo.
Ho solo la sensazione che con loro abbia scoperto cosa vuol dire casa.
Poi Saroo cresce, diventa adulto.
E qui mi immedesimo in lui pienamente, nella sua inquietudine, nel senso di incompiutezza, nella sua ricerca, nel sentirsi immeritevole nell’essere amato, nel sentirsi ingrato nei confronti dei suoi genitori adottivi nella ricerca di sua madre.
Io la vedo così lontana culturalmente e geograficamente l’India da me. Lui no. Per lui è casa.
Lui cerca la sua mamma. Non si arrende. È impavido come un leone.
Io sento invece che la mia casa è seduta accanto a me.
Sono quei due volti che mi hanno accompagnata per trent’anni. E allora piango di gratitudine.
E vedo Saroo adulto, uomo equilibrato e riappacificato con le ombre del suo passato.
Vedo un uomo nel quale presente e passato trovano un filo comune.
Sento una frase che mi fa capire che io e lui di questa storia abbiamo in comune molto di più del paese d’origine: ” Mamma, papà, ho trovato la mia mamma… ma questo non cambia niente di ciò che provo per voi, voi siete mio papà e mia mamma”.
Ed ecco che mi si rende chiara una cosa: la casa è quel luogo dove sei amato, senza condizioni, senza limiti o scadenze, dove trovi un posto sicuro, un riparo dalle intemperie.
La casa è dove ricevi l’Amore, quello vero, quello che ti conosce nel profondo, quello che ti aspetta e ti regala tempo e spazio.
Ognuno guardando Saroo e la sua storia può dire cosa o chi per sé è casa. La mia casa non è l’India.
La mia casa è mia madre che alla fine del film piange e mi accarezza il volto. Abbracciandomi dice senza dirlo, che mi ama da sempre e per sempre. E dicendomi, singhiozza, che si accorge che la mia storia è iniziata lì e che se volessi cercare mio padre, in India, lei mi aiuterebbe.
La mia casa è mio papà al quale mando queste righe quando vado a dormire: “Ti voglio tanto bene papà.
Sono fiera di essere tua figlia.
Da quando mi hai presa in braccio che ero una bimbetta e per sempre”. “Anch’io sono fiero di essere tuo padre.
E non ho mai avuto nessun dubbio… E se un giorno vai alla ricerca se vuoi verrò con te.”.
Desidero tornare in quel paese che mi ha dato la vita, per scoprire, per toccare, annusare e sentire di persona com’è fatto. Desidero tornare, perché da lì ha avuto inizio la mia storia. Forse per trovare sé stessi si deve ad un certo punto tornare all’origine di tutto. Forse…
Saroo torna a casa (l’India) avendo due genitori certi dall’altra parte del mondo.
Cerca la sua casa, con coraggio e determinazione, certo che la sua famiglia adottiva, cioè la sua casa australiana, costruita nel tempo con pazienza e amore rimanga lì ad aspettarlo, ad accoglierlo con il suo pezzo di storia svelato. Ecco, Saroo mi ha detto questo ieri sera e l’ha detto anche ai miei genitori: non abbiate paura di quel pezzo di storia dove non eravate ancora famiglia, niente vi viene tolto se siete certi dell’Amore ricevuto da quando vi siete incontrati. E ci ha detto che l’amore quando è vero cede il passo alla libertà dell’altro, cioè lo lascia andare per la sua strada verso casa.
Perché ognuno prima o poi la deve riconoscere per sé quella casa.
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