Ultima modifica 20 Aprile 2015
“Il fatto contestato è certamente riprovevole, ma a nostro avvito non integra il reato”, così ha chiosato l’avvocato difensore nella sua arringa finale e il giudice gli ha dato ragione!
Ma di che cosa stiamo parlando?
In breve un nonno aveva mostrato un film pornografico a sua nipote, una ragazzina di 10 anni; l’aveva “costretta” forse non con minacce, ma altre volte era successo e, per non aver ubbidito, il nonno l’aveva presa a calci o rinchiusa in una stanza buia.
La bambina era stata ferma, davanti al televisore a guardare, piena di vorgogna, quel filmato osceno per circa un’ora e mezza e lo aveva raccontato subito alla mamma, di qui la denuncia e quindi il processo
Ci sono voluti 4 anni, di indagini? O la faccenda era stata ritenuta di nessuna importanza, come la sentenza parrebbe confermare.
L’avvocato della difesa ha insinuato un possibile interesse economico, mettendo in dubbio le parole della piccola, ma la frase che apre queste mie considerazioni è chiara.
Il fatto è accaduto, ma… dove sta il reato?
Non è reato acquistare o vedere un film pornografico, perché lo vendono anche le edicole, diamine! Siamo negli anni 2000!
Ma è reato utilizzare un minore nel cast di una pellicola di tale fatta, ed è vietato ai minori di anni 14 entrare in una sala cinematografica dove si programmano filmacci non proprio pornografici ma con scene, diciamo, osè.
E quindi non è reato guardare quelle immagini, in compagnia del proprio nonno nel segreto della propria casa?
Non mi ci raccapezzo proprio, certo per capire (?) si dovranno attendere le motivazioni della sentenza, speriamo che il giudice Roberto Amerio, del tribunale di Voghera, non ci faccia attendere 4 anni per conoscerla.
Il giudice ha già chiarito di aver valutato non sufficiente la prova del reato, di ritenere le parole della ragazzina non chiare, ma contradditorie.
Come se esistesse una prova provata, in questi casi, come se una ragazzina di 10 anni che vive in un paesello fosse in grado di superare lo shock di vedere certe scene, per la prima volta e non rimanere confusa e, come lei stessa dice, piena di vergona!
E poi chi l’ha costretta, se non coartata, era il nonno, una persona suppongo a lei cara, una persona di fiducia dei genitori, una persona che dovrebbe volerle bene!
Le accuse erano di violenza privata e atti sessuali.
Il Pubblico Ministero aveva chiesto l’assoluzione per il primo e la condanna a 9 mesi per il secondo reato, anche se gli atti sessuali non erano stati compiuti direttamente dal nonno sulla nipote chiedendo un’interpretazione estensiva della normativa per non lasciare indifeso un minore di fronte a certi atti!
Ma il giudice non è stato di questo avviso.
Ha preferito credere al nonno, che pure aveva in casa la pellicola, e allo stesso tempo ha preferito pensare che la bimba avesse visto da sola le scene incriminate?
Pensa, il giudice, che una bambina di 10 anni possa raccontare le scene di un film pornografico per conoscenza personale? O perché qualcuno gliele ha descritte, non il nonno, però.
Purtroppo casi, anche peggiori, si verificano in molte famiglie.
Sappiamo di padri, nonni, zii e persino anche di madri che violentano i figli o li vendono ad “amici” per il loro piacere o per denaro.
E sono persone inqualificabili esseri inumani, mostri aberranti, ma non crediate che questo sia un caso meno grave, diverso forse, nelle ripercussioni per la ragazzina, ma grave, gravissimo.
Un nonno indegno, un vecchio libidinoso e senz’anima, al quale non interessano i sentimenti della nipote, non riesco neppure ad immaginare che cosa abbia potuto pensare, durante quella visione, dell’uomo seduto al suo fianco.
E proprio perché era il nonno che non mi bastano i 9 mesi richiesti dal pubblico ministero, che non mi piace quel richiamo all’estensibilità della normativa.
E’ noto che, quando un reato (perché questo è un reato) non è contemplato da una specifica norma, per analogia si ricorre, si deve ricorrere a una norma che punisca un reato analogo:
E le parole dell’avvocato che concludono la sua arringa “Il fatto contestato è certamente riprovevole, ma non integra il reato” sono un’ammissione implicita , è come se avesse detto è vero le ha fatto vedere un film pornografico, e allora?
Non c’è nulla di male!
Il giudice non ha colto l’ammissione e ha preferito contestare la veridicità del racconto della ragazzina.
Ma secondo voi, non c’è nulla di male?
Purtroppo, troppe volte, la giustizia è negata.
Un reato. Un reato gravissimo, anche la complicità di tutta una società che non riconoscesse reato una ‘educazione sessuale'(??) di questo tipo, purtroppo, temo, più diffusa di quello che non siamo disposti a credere. Grazie Nonna Lì, grazie LNM per aver parlato di questo. Fatelo ancora!
come hai letto sono perfettamente d’accordo: è il più turpe dei reati, un nonno che ‘costringe la nipote a vedere un film pornografico con lui è come se la violentasse.
sono d’accordo che si tratta di pura violenza.
Chi fa l’avvocato, segnatamente penalista, spesso si trova a dichiarare ciò che in cuor suo, in nome della difesa del suo assistito, non pensa; non mi scandalizza tanto questo. La cosa raccapricciante è che non vi siano leggi in materia abbastanza esaustive ed efficienti per condannare la persona rea e, in ottica sociale, il reato stesso.
Non credo sia quantificabile il solco che può lasciare nella vita e nella sensibilità della bambina l’accaduto, ma credo che nove mesi siano semplicemente un ridicolo e amaro insulto.
Ma i genitori dov’erano?