Ultima modifica 14 Giugno 2019
Noi donne abbiamo delle armi molto pericolose.
Più esplosive dei kalashnikov, più taglienti di una sciabola e più tossiche dell’antrace. Sono le nostre parole, armi le cui munizioni si rigenerano al ritmo di rabbia, invidia e frustrazione.
In un mondo in cui ci ritroviamo ancora a dover lottare per essere riconosciute sarebbe inammissibile continuare a puntare le nostre armi donna contro donna.
Al contrario, invece, le conversazioni al bar, i forum femminili e anche i discorsi tra amiche sono terreno di battaglia. Si decide chi è più fortunata, più realizzata, più sfigata, soprattutto quando si tratta di un confronto tra chi lavora in casa e chi lavora fuori casa.
Sul campo numero uno, batte la casalinga: “I tuoi figli crescono soli senza una mamma su cui poter contare”.
Casalinga va in vantaggio sulla lavoratrice ma all’ultimo minuto, un colpo di scena: “I figli di chi sta a casa non saranno mai indipendenti e poi, chi lavora, offre ai bimbi poco tempo ma di qualità”.
Sul campo due la palla va alla lavoratrice: “Mai e poi mai accetterei di farmi mantenere da mio marito, io sono una donna indipendente!”. Lavoratrice batte casalinga 1 a 0.
Ma ecco la rivincita delle casalinghe sul campo tre: “E’ da criminali mandare un piccolo di sei mesi al nido, i figli devono stare con la mamma”.
Colpi bassi del genere vengono sferzati e incassati ogni giorno dalle donne che non si accorgono di commettere un grossolano errore di bersaglio.
Per questo quando sento mamme che lavorano accusare, chi sta a casa, di essere una nullafacente o una mantenuta mi sale il sangue alla testa.
Vorrei ricordare a quelle mamme che la giornata è fatta di 24 ore per tutti. Le esigenze dei figli e della famiglia sono le medesime sia che si abbia un lavoro esterno, sia che non lo si abbia. E’ semplicemente una questione di organizzazione del tempo e di delega dei compiti. Chi non lavora fuori dedicherà tutte le ore a disposizione a casa e figli. Chi è impegnata in un lavoro esterno, avrà sicuramente qualcuno che, in sua assenza, fa in famiglia quello che, diversamente toccherebbe a lei se fosse a casa. Il lavoro non manca a nessuna di noi!
E il discorso dell’indipendenza poi?
Un altro luogo comune molto caro, secondo me, a chi non sa cosa voglia dire famiglia.
E’ vero, un individuo indipendente è quello che può bastare a se stesso, col proprio lavoro e le proprie relazioni sociali. Una famiglia indipendente però è quella in cui ogni membro lavora affinchè la famiglia basti a se stessa, anche se i suoi membri hanno bisogno gli uni degli altri. Mi spiego meglio.
L’Italia è piena zeppa di famiglie in cui entrambi i genitori lavorano. Genitori che per poter lavorare, si appoggiano all’aiuto dei nonni i quali si occupano gratuitamente di gestire i bambini, tenere in ordine la casa e far trovare un piatto caldo ai lavoratori quando rientrano stanchi. Questa è una famiglia in cui gli individui sono indipendenti gli uni dagli altri ma che dipende in toto da un’altra famiglia o da altre due.
Dividersi i compiti
Diverso è il caso in cui una coppia decida di dividersi i compiti, magari non in modo rigido. Un componente della coppia, non per forza la donna, sia chiaro, si occupa della famiglia e l’altro del sostentamento economico. Questa è una famiglia indipendente con legami di interdipendenza al suo interno.
Non sto facendo l’apologia delle casalinghe anche perché credo che per molte famiglie avere due stipendi sia una necessità e, dunque, chiedere aiuto, se si hanno figli, diventa indispensabile. Penso anche che, se entrambi i genitori amano il proprio lavoro al punto di essere infelici al solo pensiero di abbandonarlo, sia meglio essere una famiglia dipendente che una famiglia frustrata.
Io sto nel mezzo, intanto perché sono stata entrambe le cose, solo mamma e mamma lavoratrice ma, soprattutto perché il mio non accontentarmi mai mi ha portata a trovare delle soluzioni per prendere solo il meglio delle due figure. Io sono una mamma che dà la priorità ai propri figli ma che non ha rinunciato a sfruttare il tempo della loro assenza per dedicarsi al lavoro, un lavoro flessibile e su misura mia e loro.
Mio marito si dedica all’ 80% al lavoro e al 20% alla famiglia ed io, al contrario, al 20% al lavoro e all’80% alla famiglia.
Io dipendo da lui, lui dipende da me.
Non tutti hanno la possibilità o il coraggio di scegliere, e questo riempie di munizioni le armi delle donne insoddisfatte. Ognuno dovrebbe avere l’obiettività di riconoscere e sfruttare i propri punti di forza, arrendersi con resilienza di fronte alle impossibilità, rispettare le scelte degli altri e… deporre le armi.
Che piacere leggere queste questo tuo pensiero…Ed è esattamente uguale al mio! Io sono una mamma di 36 anni…Ho desiderato i miei due bambini con tutto il cuore!! Ora il grande ha iniziato la prima elementare la piccola il primo anon di asilo…e in questi giorni mi sento un po persa…Ho deciso di trovarmi un impegno al mattino per questo motivo…Non voglio diventare una mamma frustrata e trasmettere ai miei figli questo messaggio…ma desidero poter essere presente nella loro vita nel migliore dei modi…finché me ne daranno l’opportunità. ..Grazie ancora!!
Sabrina