Ultima modifica 20 Aprile 2015

Una lettera a Specchio dei Tempi (La Stampa) mi ha colpita a fatto riflettere anche se lo scrivente non denunciava un fatto criminoso, e, in nome della privacy, aveva mantenuti ignoti gli autori.

Ecco quanto accaduto. Un’auto pirata aveva investito e lasciato persone, gravissime, sull’asfalto ed era scappata.

Un uomo stava agonizzando, vicino a lui faceva bella mostra di sé un cellulare di ultima generazione, un ragazzo si ferma, lo raccoglie e lo intasca sotto lo sguardo del padre, che non gli fa un rimprovero, che non prende le distanze, che non lo rimprovera e non gli fa rimettere al suo posto l’oggetto, anzi gli suggerisce di cambiare presto la SIM, per impedire che lo stesso fosse rintracciato.

Il suo unico rammarico, del padre esemplare intendo, è quello di non essere riuscito a sostituire la SIM in tempo.

Io non conosco la pena comminata al padre e al figlio e la cosa non mi interessa più di tanto. Vista la pochezza della giustizia nostrana, suppongo che si siano limitati ad un rimbrotto, se pure rimbrotto c’è stato.

Ma capisco lo sconcerto di quello scrivente, di quel signore preoccupato di annoverare tra le sue conoscenze o, peggio, tra le amicizie di suo figlio personaggi di tal fatta.

Ma la privacy regna sovrana, quando qualcuno decide di invocarla.

Qui si scontrano due diritti. Quello del reo che, dopo aver espiato (se così è) la sua colpa, ha diritto di avere una seconda possibilità. E quello di chi non vuol avere nulla a che fare con persone che si comportano in quel modo, ne temono la possibile influenza sui figli.

La nostra normativa sceglie sempre il diritto del colpevole, anche non pentito, anche se recidivo, se pronto a ripetere lo stesso comportamento.

Fa parte della nostra “cultura”, è la sublimazione del perdono cristiano, del perdono a prescindere, che colpevolizza chi non perdona, che lo taccia da insensibili o peggio.

Qualche anno fa erano in molti a gridare nessuno tocchi caino, con un garantismo eccessivo, stupido, perché infine si può perdonare, si può superare il malfatto, se c’è pentimento, se il colpevole proclama sinceramente: “non lo faccio più”.

Altrimenti è solo una presa in giro, come dare al malcostume la patente di operare, con tutto quel che segue.

 

Nonna Lì

Sono una giovane ragazza dai capelli bianchi, un vulcano di curiosità con una voglia irrefrenabile di sorseggiare la vita, una fantasiosa e interessante signora piena di voglia di fare, dire, raccontare, condividere.

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