Ultima modifica 27 Agosto 2020
Quando si pensa ad un bambino, soprattutto se piccolo, si immagina e si spera che sia felice, sereno, solare. Tutto questo è possibile e verosimile, se cresce in un ambiente amorevole e sereno.
Tuttavia il fatto che sia sereno non significa che sia sempre felice.
Infatti anche i bambini sereni talora possono sperimentare sentimenti di paura, delusione, disagio e anche rabbia.
Tuttavia mentre le reazioni piacevoli sono più facilmente accettabili, con quelle spiacevoli noi adulti troviamo più difficoltà.
Non più tardi di ieri, in una domenica di relax mio figlio giocava con un amichetto poco più grande di lui. Come è naturale fra bambini di due anni, è arrivato il momento del “bisticcio” perché il gioco che voleva uno, chiaramente diventava improvvisamente appetibile anche per l’altro ed entrambi lamentavano il fatto che fosse “mio”.
Inutile dire che in quella circostanza, si leggeva negli atteggiamenti e nelle reazioni di entrambi rabbia. L’amichetto non voleva lasciare il gioco tanto conteso e desiderato.
In tale circostanza il padre dell’amichetto in questione sollecitava il figlio a non arrabbiarsi.
Perché i bambini non dovrebbero arrabbiarsi?
Partiamo dal presupposto, già detto in altre occasioni, che i bambini nascono con una “valigetta delle emozioni”, corredate sia di emozioni piacevoli che spiacevoli, fra cui anche la rabbia. Questo trova una spiegazione nel fatto che tutte le emozioni hanno una funzione, ovvero quella di costituire una bussola e quindi di guidare il nostro agire e pensare.
Pertanto i bambini, fin da piccoli, provano rabbia, soprattutto quando sono contrariati o ostacolati in qualcosa.
Ciascun bambino ha un proprio modo di esprimere la rabbia.
Mio figlio, ad esempio, si irrigidisce, stringe i denti e diventa tutto rosso, poi incomincia a lamentarsi e a piangere.
Altri bambini hanno reazioni più forti, quali urla o reazioni comportamentali più eclatanti, come buttarsi per terra, picchiare qualcosa o qualcuno; altri ancora mordono…
Cosa fare in questi casi?
Semplicemente partiamo dall’accettare il fatto che anche i nostri figli possano arrabbiarsi e non induciamoli a reprimere la rabbia, altrimenti rischiamo di far loro credere che la rabbia non vada bene e che pertanto debba trattenuta e implosa.
E’ molto utile tradurre in parole ciò che osserviamo (“sei arrabbiato”, “quanta rabbia!”…), al fine di aiutare il bambino a comprendere ciò che prova (che per lui è paragonabile ad un vulcano interiore non ben identificato) e a dare un nome a ciò (“rabbia”).
Infine abbassiamoci all’altezza del bambino
Avviciniamoci e cerchiamo di aiutarlo a calmarsi con il contatto/contenimento fisico e proviamo a parlargli per trovare una soluzione alla situazione di disagio. In questo modo, oltre ad aiutarlo a calmarsi, gli trasmettiamo il messaggio che la rabbia è accettabile, si può contenere e che possiamo trovare una soluzione ai problemi.