Ultima modifica 10 Ottobre 2019

 

conte verdeEra il 1957, due giovani sposini partono con una nave verso l’America. Lui è un giovane laureato, che ha vinto una borsa di studio in un’università, lei è una giovane e avventurosa ragazza, che gli va dietro. Staranno lì 2 anni e lì nascerà il loro primo figlio. Il primo di 4.

Non so se sia stato l’approccio, in giovane età, con la cultura americana, o l’aver affrontato questa vita da expat (ve lo garantisco: non è facile nel 2014, figuriamoci nel 1957). Ma, quella mamma, nata e vissuta a Roma, non è mai stata la tipica mamma-chioccia italiana. Nessuno le ha mai sentito dire “mettiti il berretto che fa freddo” o “mangia che altrimenti ti ammali” o ancora “per fare il bagno devi aspettare tre ore”. Una mamma che prendeva le influenze dei figli come un fatto naturale, una mamma che riteneva i figli in grado di decidere se avevano freddo o caldo o fame. Ma, di sicuro, non ha mai privato i suoi figli di quell’affetto e quelle attenzioni, che aiutano a crescere belli e sani. I suoi figli andavano in vacanza in auto-stop – non che lei fosse tranquilla, proprio no -, e all’epoca non c’erano i cellulari, ma riteneva che fosse giusto che facessero le loro esperienze. Una mamma che non accompagnava i figli a scuola in macchina, né li andava a prendere. Ma la porta di casa sua era sempre aperta, soprattutto, per quelle persone bisognose di un po’ di calore umano. Faceva feste e alla sua tavola c’era sempre tanta gente, oltre ai suoi figli. La sua canzone preferita era “aggiungi un posto a tavola che c’è un amico in più”.

Questa è la mia mamma

Quando ero piccola e in spiaggia sentivo mamme urlanti, non capivo cosa avessero da urlare tanto. E, quando mi dicevano “ma la tua mamma ti lascia fare questo?”, io non ne capivo lo stupore. Io ho messo, per la prima volta, la canottiera a 22 anni, non ho mai rispettato alcun orario per fare il bagno dopo pranzo, uscivo di casa coi capelli, lunghi, bagnati, anche in pieno inverno. E la prima influenza l’ho presa a 29 anni, tanto che non avevo l’ombra di un’aspirina in casa.

Quando sono diventata mamma io, ho seguito abbastanza fedelmente questo metodo, perché mi è sembrato quello giusto. Lo dice anche Michela Cortesi nel suo articolo “Buona la Prima!”.
Non ho mai privato i miei figli di coccole e attenzioni, ma non li ho nemmeno mai ossessionati con regole eccessive. Quando li portavo al parco e uno dei due arrivava frignando che l’amichetto l’aveva spinto, io lo guardavo e dicevo “finché non vedo sangue, sono sicura che saprete gestirvela da soli”. Perché devono imparare: mica sarò la loro ombra per tutta la vita. E trovo che la socializzazione sia anche questo. I miei figli non hanno mai usato le pantofole e stanno da sempre a piedi scalzi, estate o inverno (nonostante i reclami di mia suocera). Ero già mamma americana, prima ancora di venire qui.

Stamattina ascoltavo, come al solito, Radio Capital e, in particolare, ascoltavo una delle mie trasmissioni preferite: Capital in the World. L’argomento era “Mamme tigri vs. Mamme chioccia”. Mamma mia, come avrei voluto intervenire in trasmissione. Beh, avrei anche avuto da dire qualcosa a Elasti, la mamma che raccontava delle maestre americane, per dirle che non è così ovunque. Però, è vero tutto il resto: dove vivo io, l’inverno è freddo, ma anche di più. Eppure, i miei figli sono gli unici a indossare la canottiera d’inverno (e non solo su mia insistenza, ma sono loro a richiederla). I ragazzi vanno a scuola senza giacca e chi mette la giacca, sotto ha una semplice T-shirt. E, qualche volta, mi è capitato di vedere in giro famiglie in cui i genitori sono moderatamente coperti e i figli magari in pantaloncini. Insomma, ti metti un po’ quello che vuoi. E se vuoi uscire in pigiama, esci pure in pigiama.

I bambini sono in grado di prepararsi da mangiare da soli. Beh, basta saper usare il microonde, ma si gestiscono. Non hanno una mamma che chiede continuamente se hanno fame. Una volta, a marzo, eravamo in California e nonostante il tempo e il freddo, c’erano bambini in costume che facevano il bagno nell’Oceano. Non so se vi sia mai capitato di farlo, ma l’Oceano è freddo anche in Agosto.

Non sarò mai come la mamma cinese, che non accetta il bigliettino della figlia perché non si è impegnata abbastanza.

E non sarò nemmeno quella mamma che obbliga i figli a fare almeno cinque attività extra-scolastiche o a prepararsi da mangiare da soli a 9 anni.

Sono una via di mezzo: d’inverno, a -20, li accompagno a scuola e li vado a prendere, perché non posso immaginarmeli alla fermata del bus con quel freddo; ma coi primi caldi (5° qui è caldo), possono prendere lo school-bus. E amo, tanto tanto, prendermi cura di loro e preparare loro deliziosi manicaretti italiani.

Quindi, non sono mamma tigre, ma nemmeno mamma chioccia. Sono semplicemente una mamma e mi ritengo anche un’ottima mamma. Pur con i miei difetti.

 

Renata Serracchioli

Nata ad Ivrea, con il mio compagno condividevo un sogno: vivere in America. Ed è grazie a lui e al suo lavoro (il mio l’ho perso a causa della crisi) che il nostro sogno si realizza.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here