Ultima modifica 16 Gennaio 2017
Intorno ai due – tre anni, molti bambini iniziano la fatidica fase dei “perché?”, che diventano una costante dei loro dialoghi con mamma e/o papà.
Curiosi di conoscere ed esplorare il mondo, si lanciano all’esterno desiderosi di stringere conoscenza con altri bambini, di provare e di fare esperienze.
Ma l’esperienza diretta spesso non è sufficiente; desiderano sapere anche il “perché” di ogni cosa che li incuriosisce.
Perché tutti questi “perché”?
Come dicevamo, chiedere il “perché” delle cose indica la curiosità di conoscere e sapere, ovvero di esplorare e apprendere la conoscenza del mondo esterno – che per i piccoli è gigante e nuovo – attraverso le parole degli adulti, solitamente delle figure di riferimento.
Non sempre, però, la richiesta ripetuta di “perché” indica il reale interesse a sapere qualcosa; molte altre volte è un modo per attirare l’attenzione su di sé.
Infine può costituire anche un esercizio per allenare le abilità acquisite a quest’età, ovvero la capacità di esprimersi e di comprendere ciò che viene detto.
Come rispondere ai tanti “perché”?
Innanzitutto in virtù di quanto detto prima, teniamo di conto che spesso il “perché” è funzionale ad avere l’attenzione su di sé. Pertanto al di là della risposta, la prima cosa importante che i bambini si aspettano è di ricevere ascolto attento e interessato a ciò che dicono e chiedono in quel momento.
Poi cerchiamo di dare risposte che tengano di conto dell’età del bambino: solitamente noi adulti siamo abituati a pensare alle ragioni del mondo in modo troppo intellettuale e teorico, approccio che chiaramente non può essere comprensibile e adattabile a bambini così piccoli. Al contrario, le risposte devono essere semplici e corte, dirette utilizzando termini semplici e comprensibili per i piccoli. Spesso può essere utile, quando possibile, fare riferimento a qualche metafora oppure ad esempi o similitudini con esperienze di vita quotidiana o comunque molto note al bambino, così che lui comprenda e possa anche, in virtù del nostro aiuto, creare delle associazioni mentali che rendono più facile la comprensione e la memorizzazione.
Cosa, invece, non fare?
Anche se talora può essere comprensibile la difficoltà a rispondere prontamente alle domande dei piccoli, soprattutto se si ripetono in modo estenuante all’interno magari di giornate già di per sé impegnative e stressanti, è comunque importante cercare di manifestare al bambino un atteggiamento accogliente e disponibile nei confronti delle sue richieste, al fine di non inibire il suo atteggiamento propositivo, esplorativo e comunicativo.
Infine può accadere che la curiosità del piccolo sia catturata proprio da qualcosa che anche noi non conosciamo o a cui non sappiamo dare una risposta. In questi casi la soluzione migliore è essere sinceri, in modo sia da comunicargli informazioni vere e reali sia per risultare credibili ai suoi occhi.
Francesca