Ultima modifica 9 Maggio 2019
A noi mamme adottive a volte ci viene chiesto se festeggiamo la festa della mamma.
Rispondo di sì, che anche noi mamme festeggiamo, eccome se festeggiamo la gioia di poter accogliere, custodire, amare i nostri figli!
Certo, non viviamo tutte la stessa esperienza.
Riconosco che è un dono il vivere senza il fantasma di chi ci ha preceduto, non sentirsi in ombra e non restare arenati nel timore di non essere all’altezza.
Ma è possibile e il cuore si riempie di gioia.
Ecco, allora, che nasce una pagina come quella tratta da: “Un rapper alieno è atterrato nella nostra famiglia. Diario sincero di un’adozione internazionale.” – Tau editrice.
#pensieri – unicità
Noi mamme adottive dobbiamo fare i conti con il desiderio di unicità.
Si dice che “di mamma ce n’è una sola”.
Eppure per noi questo non vale: una mamma ci ha precedute dando la vita ai nostri figli. Nel caso di Julio alla mamma biologica si è aggiunta la “mamma sostituita”: sono arrivata terza.
Un territorio affollato, quello interiore dei nostri figli, in cui il nostro arrivo, trova un campo segnato, a volte abitato da fantasmi, a volte caratterizzato dalla palude dell’angoscia, altre dai rovi aggrovigliati delle emozioni vissute, oppure dal deserto della solitudine e della paura.
Un campo minato in cui entrare in punta di piedi, consapevoli che ogni piccolo movimento potrebbe generare una grande reazione.
Se ci mettessimo in antagonismo, chiederemmo ai nostri figli di scegliere.
Non ce n’è bisogno.
Con Nicola ho conosciuto la gratitudine per la mamma che gli ha dato la vita, che non gliel’ha negata e, in questo, già lo ha amato, gli ha insegnato che tra la vita e la morte si può sempre scegliere la prima.
Con Julio stiamo conoscendo la gratitudine anche per una mamma sostituta che lo ha custodito, che gli ha dato una seconda possibilità laddove forse la povertà, forse altro, lo avevano esposto alla fame e alla malattia, che ha lasciato sbocciare in lui la vitalità e ha coltivato in lui la gioiosità.
Ed, allora, essere arrivata seconda o terza, non è altro che far parte di una staffetta in cui l’importante non è correre da soli, ma amare al massimo nel proprio tratto, in un percorso tracciato da un Altro.
Allora, essere arrivata dopo, non significa essere da meno, ma essere chiamata a dargli la vita ogni giorno, nello spirito, anche se non nella carne.
Questo ci ricorda che i figli non sono nostri, ci sono prestati da Dio per custodirli, e grande è la Sua fiducia in noi se ci ha affidato figli tanto fragili.”