Ultima modifica 17 Giugno 2023
La parte più difficile.
Riflettevo su qual è la parte più difficile per un insegnante, che forse è anche quella che fa la differenza nell’apprendimento: non accontentarsi di dare conoscenze come sono, ma farle costruire e soprattutto chiedere di metterle in relazione tra loro e con la realtà.
E ci sono due grandi strade per poterci arrivare (a scuola): una è quella del riferimento continuo alla realtà; l’altra, che la interseca da sinistra e da destra infinite volte, è quella delle relazioni tra le conoscenze apprese.
Ecco, io da maestra, mi vedo proprio l’immagine davanti.
Pensiamo che trovare relazioni sia chissà cosa, ma in realtà i bambini lo fanno fin da quando nascono.
Bavaglino-pappa, rumore delle chiavi-si esce, porta della nonna – si gioca fino a svenire.
Cioè si cresce e si vive mettendo in relazione.
E’ dopo che, forse, stimoliamo poco questa realtà mentale, perché anche il mettere in relazione deve crescere ed evolversi.
Cioè saper addizionare è una conoscenza mentre saper addizionare due valori al supermercato per capire se ho abbastanza soldi per comprare pane e Nutella è un gomitolo di relazioni.
Un bambino che non si accontenta dei significati e cerca sempre il confronto, cresce con un bagaglio diverso.
E sì, perché anche questa capacità deve crescere, perché poi diventa cultura del mondo, della gente, diventa coerenza nelle azioni e nei pensieri, soprattutto.
Io capisco molto i genitori che apprezzano gli insegnanti monolitici, quelli che “sono” la conoscenza e vanno per la loro dorata via a senso unico – con qualche apertura di emergenza ogni tanto per rotolarsi fuori-, quelli senza dubbi, quelli che non suscitano dubbi, quelli che “chi è fuori è fuori, chi è dentro è dentro”.
Sì, li capisco, perché la sicurezza di un percorso è tutto… almeno quella no?
Almeno la scuola, che sia sicura, tranquilla, sempre uguale a se stessa, visto che il mondo ci fa girare la testa, ci cambia, ci frulla. Almeno la scuola.
Peccato però che la scuola prepari alla vita: vogliamo mandarli ad equitazione senza il cavallo?
Voglio dire che la vita non ti presenta un problema alla volta, ma ti chiede, appunto, di mettere in relazione eventi, orari, emozioni, incontri, numeri, distanze, immagini, capacità, persone, possibilità.
Un esempio?
L’altro giorno parliamo tutti insieme dei risultati di una piccola verifica di scienze: sono piccoli, 7 anni.
Alcuni disegnano un fenomeno perfettamente, ma due righe più sotto indicano il contrario con una crocetta. Stop tutti insieme per parlarne.
E tu gli vai a chiedere coerenza nelle risposte? Sì, con garbo e con modo, con simpatia e con convinzione, sì.
E tu, a 7 anni, gli vai a chiedere di mettere in relazione due risposte affinché siano coerenti? Sì.
Lo sforzo in questo senso, pian piano, lo devono imparare, per il loro bene, perché se da grandi vorranno essere incoerenti, che sia solo per scelta personale.
Devono imparare che parlare di condensa e disegnare un albero sul vetro appannato sono nello stesso cerchio.
Fare un buco nella sabbia e buttarci l’acqua “mavaviasempre” e fare un salto nella pozzanghera di fango che dura 3 giorni è come studiare a fondo che i terreni si comportano in modo diverso con l’acqua.
Per i genitori?
C’è un sacco da fare e sono sicura che tanti lo fanno… ma non basta mai.
Differenze, confronti e relazioni.
Se quello che sanno non basta più per decodificare ciò che hanno di fronte, bisogna perderci due minuti.
Bisogna far aprire gli occhi su differenze e confronti che aprono a nuove conoscenze o anche solo per dire “Beh, io non lo so, magari a casa ci scriviamo la domanda e te la porti a scuola”: che sappiano che la loro richiesta è importante.
Loro hanno bisogno di sapere e provare in prima persona che è lecito non saper mettere in relazione tutto, ma pian piano, con il confronto ci si può riuscire.
E facciamo in modo che capiscano che nella conoscenza del mondo stanno sempre un passo indietro, perché se avranno la sensazione di essere arrivati, poi non cercheranno più relazioni e questo è pericoloso.