Ultima modifica 10 Ottobre 2019
Mi dicono che i miei figli hanno una marcia in più perché sono bi-lingue.
Già, c’è questa moda in giro per il web di considerare i bambini bi-lingue più intelligenti. Ci sono libri, corsi, scuole, tutto per far crescere i nostri figli bi-lingue. Provate a fare una ricerca su Google e vedete cosa ne viene fuori. Decine di articoli in materia. Ne hanno addirittura fatto una conferenza, proprio dal titolo: “Essere bilingue è avere una marcia in più” (premetto che il titolo al mio articolo l’ho messo prima di leggere questa relazione). E anche i messaggi, che ricevo sul mio blog o attraverso facebook, lo ribadiscono: “i tuoi figli hanno una marcia in più, perché conoscono due lingue”.
Ma cosa c’è di così straordinario nel conoscere più lingue? Io reputo i miei figli straordinari, perché a scuola sono bravi. Il fatto di conoscere due lingue è solo un elemento in più rispetto al conoscere la matematica, la storia, la geografia. A questa età è facile – credetemi – imparare un’altra lingua, soprattutto quando vieni trasportato in un paese straniero: insomma, devi imparare ad arrangiarti o sei tagliato fuori. Io reputo i miei figli straordinari, perché sanno parlare, sanno essere spiritosi, sanno aiutare i loro amici in difficoltà, sanno esprimersi, sanno stare in società. Questa è la vera intelligenza. Tutto il resto è solo materiale in più che iniettiamo nei loro cervelli-spugna.
Tra l’altro, soprattutto la piccola, arrivata qui a 9 anni, sta spostandosi sempre più verso il mono-linguismo, ma l’altra lingua. Eh, sì, per lei è sempre più faticoso esprimersi correttamente in Italiano, soprattutto quando deve fare un discorso lungo.
Delle persone, a questo proposito, mi hanno consigliato di farla leggere molto in italiano e farle guardare film. A parte il fatto che far leggere mia figlia, qualsiasi sia la lingua trattata, mi pare già un miracolo. Ma, poi, perché? Per non farle perdere la lingua d’origine? Qui, a scuola, non hanno intervallo, dalle ore 8.40 alle 3.46, hanno lezione con solo una pausa di 30 minuti scarsi per il pranzo. Arrivano a casa e hanno ancora compiti da fare. Mi sentirei una pessima madre, se li dovessi costringere anche a studiare italiano. In casa e coi parenti si parla comunque italiano. A me, per ora, basta.
I miei figli hanno una marcia in più, verissimo. Ma non per la lingua, perché hanno imparato a superare le difficoltà – e, vi assicuro, sono tante – del trasferirsi in un paese straniero, lontano sette ore di fuso orario dai loro amici e parenti, dalla casa in cui sono nati, dalle loro scuole, dal loro cibo. Hanno imparato ad affrontare una nuova cultura, pur mantenendo vive le loro tradizioni. Anzi, sentendole ancora più importanti.
Con questo non voglio sminuire l’importanza del bilinguismo, ma credo che sapere più lingue e non conoscere la storia, non sia un gran vantaggio per il futuro di un bambino.
Ecco perché i miei figlia hanno una marcia in più.