Ultima modifica 7 Febbraio 2017
Ora sono settecento gli annegati, soffocati sotto un barcone che si è rivoltato dopo che i suoi occupanti, in vista di un rimorchiatore di soccorso, si sono, all’unisono, spostati su un lato dello stesso provocando la catastrofe!
Perché si sono spostati?
Lo hanno fatto in un attimo di esultanza folle, inconsapevole dei pericoli cui andavano incontro non conoscendo, non avendo mai visto prima il mare oppure vi sono stati spinti dagli scafisti?
Ci sono dei superstiti: fra di loro ci sono gli scafisti?
Riusciremo mai a saperlo?
Ma la tragedia resta: 700 i morti che si sono sommati a quelli che nello stesso mare hanno già trovato la loro tomba e a coloro che li sono morti ma che hanno trovato altrove umana sepoltura.
Ora, come dopo ogni tragico avvenimento, si alzano alte le grida di cordoglio, le attestazioni di pietà, solidarietà, ma come sempre è avvenuto, tutto finirà nel silenzio?
Settecento persone, bambini, donne e uomini, persone che fuggivano, forse dalla guerra, dalle torture, dalle persecuzioni o, forse, che fuggivano la fame, fuggivano da una vita di stenti, una vita senza speranza, fuggivano verso il sogno, un sogno che rimarrà inappagato, spezzato come le loro vite.
Qualcuno prenderà effettivi provvedimenti o ci sarà il solito rimpallo, il solito negarsi, il solito rimandare a soluzioni diplomatiche che non avranno mai luogo, il solito appellarsi alle preposte autorità locali che autorità non sono, che hanno preso il comando con la forza e non conoscono altro che la sopraffazione e le armi per affermare la loro supposta superiorità?
A noi non tocca, sembrano dire tacitamente i capi dei paesi europei non immediatamente toccati dal problema dei migranti, il problema è di altri, il problema è rimesso a quelli che per posizione geografica sono i più vicini, i più facilmente raggiungibili!
Facilmente raggiungibili?
Forse perché ci separa un breve tratto di mare, ma il mare che può cullare ed esserti amico in bonaccia, quando è in burrasca, quando il vento si alza forte e repentino e gonfia le onde, un guscio, magari fatiscente, come i barconi utilizzati dai migranti non riesce a tenerlo, non riesce a restare a galla e, come molte volte è accaduto, prima o dopo si inabissa portando con se i suoi occupanti.
Oggi tutti i media ne parlano, Hollande ha scritto (?) a Renzi sollecitando un:
“dobbiamo fare qualcosa”, oggi, ma ieri, ma domani?
Ieri tutti si sono rifiutati di intervenire, nemmeno hanno cercato di individuare una soluzione al problema, la Francia in testa che ha sempre respinto a Ventimiglia i migranti, hanno traccheggiato e, ora, di fronte al rinnovarsi di un già visto orrore, si indignano, piangono lacrime di coccodrillo, come se fosse la prima volta, come se loro non fossero mai stati deputati a risolvere i problemi, ma è il loro compito e non lo hanno adempiuto.
Sono colpevoli, tutti loro, di queste morti, di queste vite rubate.
E se oggi piangono o sembrano commossi e rattristati, domani cosa faranno?
Prenderanno provvedimenti? Si assumeranno le loro responsabilità?
O attenderanno, con i visi contriti, che il tempo passi, che i morti vengano dimenticati, che un’ altra notizia faccia dimenticare questa?
Il loro, il nostro oblio, “non fa meno orrore della morte ingiusta” parole di un uomo, un uomo vero.