Ultima modifica 10 Ottobre 2019
«Drusilla, dobbiamo presentare Kuwait e la nostra vita qui agli amici di “le nuove mamme”. Innanzitutto tu sapevi dove fosse il Kuwait, lo conoscevi?»
«No, io no. Mi ricordavo solo dell’invasione negli anni ’90 e che confinava con Iraq e Arabia Saudita. E tu?».
«Io si lo conoscevo, un mio grande amico anni fa si trasferì qui per lavorare, poi cambiò perché gli faceva schifo.»
«Ahh però»
«Dru, che hai fatto quando ti hanno detto che tuo marito lo trasferivano qui?»
«Che cosa dovevo fare? Ho programmato la partenza: viaggio, valigie, libri, vaccino, visto ecc.»
«Ah già, tu sei quella sempre organizzata.»
«E tu?»
«Io ho chiamato il mio amico per informarmi.»
«E lui che cosa ti ha detto?»
«Mimma, il Kuwait è una prigione a cinque stelle ma non si sta male. Poi tu sei pugliese e ce la farai. Se me l’avesse chiesto una milanese doc le avrei detto lascia perdere!»
«E tu ti sei spaventata?»
«No. E’ ho avuto ragione. Kuwait city, come raccontiamo bene e meglio sul nostro blog e pian piano faremo conoscere anche qui, alla sera si presenta bene. Una città in espansione, grandi grattacieli, mille luci, mare. Poi al mattino scopri che non è tutto oro quello che luccica, che ci sono vecchie e brutte costruzioni, spazzatura, sabbia e polvere ovunque. Ma nello stesso tempo senti nell’aria, quel non so che, quella sensazione di benessere, che tutto può ancora succedere. Sono arrivata qui nel gennaio 2012, salendo su un treno in corsa. Lo desideravo. Sono arrivata qui consapevole che era la cosa migliore che poteva accaderci. Patata aveva solo 12 mesi. Ha mosso i primi passi qui, in questa casa piena di finestre e luce. Qui noi siamo diventati una famiglia vera. Avevamo paura è ovvio, ma sapevamo che ce l’avremmo fatta. Per i dettagli leggete questo post».
«E tu Dru? Ti sei spaventata?»
«Io? Figurati! Venivo da un anno di Libia, per me il Kuwait è stato un po’ come arrivare a New York! Siamo arrivati il 31 gennaio 2011. Il Kuwait è una destinazione che non abbiamo scelto, è stata l’azienda dove lavora mio marito a “scegliere” per noi! Lui lavora per un’azienda italiana che opera in tutto il mondo, quindi le destinazioni sono le più varie, per ora, io, mio marito e i miei due bimbi di 5 anni e 3 anni possiamo solo ringraziare. Decidere di partire con tutta la famiglia significa fare una scelta di vita forte, significa essere consapevoli del fatto che la tua vita sarà completamente stravolta, significa fare un salto nel vuoto perché sai sempre ciò che lasci ma non sai ciò che trovi, significa mollare il tuo lavoro, gli affetti, il tuo stile di vita. Ma significa anche mettersi in gioco, conoscere nuove culture, esplorare mondi nascosti e sconosciuti, incontrare persone diverse, imparare una nuova lingua. Significa ripartire da zero, acquisire maggiore consapevolezza delle tue capacità e possibilità, scoprire delle qualità nuove che prima non sapevi di avere. Insomma, reinventarti. Anche io vi consiglio di leggere questo post.
La vita in Kuwait non è così diversa dall’Italia dal punto di vista della routine, casa-scuola-casa. Ma naturalmente viviamo in un paese arabo e quindi le festività cristiane non esistono, l’organizzazione della settimana è diversa, qui si comincia la domenica e si finisce il giovedì di lavorare, venerdì e sabato tutti a casa».
«Si hai ragione, ritengo che questa città sia perfetta quando hai figli piccoli, senza contare della grande fortuna di crescere bilingue. Uno dei motivi per cui ho spinto il marito ad intraprendere questo cammino è stato proprio per regalare a mia figlia questa grande chance. Soprattutto alla luce delle mie grandi difficoltà, lei è piccola, ma già ora è quasi bilingue. Frequenta un’ottima scuola pur non essendo una madrelingua lei non mostra incertezze o timidezze. Lei poi quando gioca da sola, lo fa in inglese, canta sempre in inglese. E ora inizia a tradurmi. Certo più avanti ci toccherà colmare le lacune che avrà in italiano. Ma siamo felici di fare questo piccolo sforzo. Di fronte a questo non avere un bel bar dove andare a fare un happy hour o una mangiata con i fiocchi accompagnata da un vino speciale, pesa meno. Oltretutto sono cose che faresti fatica a fare in Italia per via dei figli».
«Certo lo sai. Io nel bilinguismo ci vedo solo aspetti positivi. Sono un po’ fissata con l’inglese e quindi trovo meraviglioso il fatto che i miei figli lo stiano imparando già da così piccoli. E a te Mimma cosa manca dell’Italia?»
«A me manca il buon cibo e la famiglia. E gli amici. Anche se ora qui in Kuwait posso contare su un piccolo gruppo di persone su cui fare affidamento. Adoro sedermi ad un tavolo e avere come interlocutore l’amica russa, quella libanese, l’amica scozzese, la canadese. Piano piano abbiamo qualche amico Kuwaita, ma quello è più difficile. Ecco a volte questa meravigliosa routine mi sta un po’ stretta. Il passatempo migliore è andare al club privato, perché nella spiaggia pubblica non puoi metterti in costume e anche i giochi per i nostri bimbi lì vanno benissimo. Mentre esternamente spesso c’è tanta sporcizia. Mi piace poco che per viaggiare devi prenotarti un aereo, perché non è che puoi prendere la macchina e fare un giro negli stati confinanti. In Arabia Saudita, anche volendo, per via del bellissimo deserto, non possiamo entrare. E in Iraq non ci penso di certo. Per il resto ci stiamo arrangiando e ce lo stiamo inventando. E a te cosa manca?»
«L’Italia mi manca durante le feste di Natale e Pasqua; mi manca quando sono obbligata ad usare l’auto per fare 500 metri perché a piedi è impossibile muoversi; mi manca la natura, il verde, la campagna; mi manca un buon bicchiere di vino durante la cena, qui l’alcol è vietato; mi manca il poter andare al cinema o entrare in una libreria e perdersi tra gli scaffali circondata da titoli in italiano»
«Comunque Drusilla, e su questo tu sarai d’accordo con me, questa resta un’ esperienza davvero unica. Un pò perchè la vita da expat diventa uno stile di vita come abbiamo raccontato qui. E pian piano vi introdurremo in un mondo spesso non facile, ma comunque di gran fascino. Il trucco è muoversi in punta di piedi, con gran sorrisi e tanto tanta curiosità per la diversità che ci circonda».
Mimma e Drusilla
Grande esperienza ragazze vi invidio un pochino per il coraggio di affrontare tali cambiamenti di vita auguro il meglio nonna S
Per andare a vivere in kuwait bisogna essere dei masochisti. Posto orrendo, o ti adatti alla loro cultura o sei fuori, temperatura invivibile, traffico e aria irrespirabile. Ci sono stato un giorno e mi è bastato. Non si tratta di incapacità di adattamento, ma FA PROPRIO SCHIFO!