Ultima modifica 14 Maggio 2019
Quando siamo andati a Leolandia, metà delle giostre gli chiudevano la porta in faccia.
Eppure Diego, a ogni metro affisso vicino a tutte le attrazioni per verificare che l’altezza minima fosse rispettata, provava a misurarsi. Nella speranza di aver guadagnato qualche centimetro durante l’inebriante corsa sulla giostra dei cavalli.
Sì, perché lui, il mio piccolo calabrese, ha quasi cinque anni ma veste tre.
D’altro canto, non vanta certo un’ascendenza di spilungoni, anzi…
Lui, però, non si perde d’animo e, in fondo perché dovrebbe? E’ bello come il sole!
Ok, sfilo le lenti che ad ogni mamma fanno vedere il proprio figlio come un Adone e cerco di essere oggettiva.
Quando è nato era proprio bruttino: rosso come un pomodoro, naso che si aggiudicava i tra quarti dello spazio facciale e occhi buttati lì a caso.
Il dubbio che non sarebbe stato eletto Mr Neonatologia, si era presto insinuato in me ma quando mia sorella, venuta a conoscere la nuova creatura, guardandola mi disse: “Non è brutto, è solo che Sara era diversa” la traduzione di quella frase e dell’espressione con cui veniva pronunciata fu facile: avevo partorito un Picasso.
Il mio piccolo trascorse i primi tre mesi sulla Terra arrabbiato con la vita, con un’espressione fissa e corrucciata che certo non lo aiutava a valorizzare il suo lato estetico. Ad un tratto, però, il suo viso cominciò a distendersi e i suoi sorrisi a risplendere, fin che, un giorno, anche mia sorella ammise “Dai è un bel bambino!”.
Diego non è solo un bel bambino. E’ un centrifugato di energia, simpatia prorompente, acume, testardaggine, carisma e voglia di vivere. Ha un solo difetto: è basso, il più basso, e non è un dettaglio trascurabile per uno che guarda solo quelle sopra il metro e trenta.
Lui il viso non lo considera nemmeno, se arriva all’ombelico di una femmina, allora va sulla fiducia: sarà sicuramente bellissima.
Quelle della sua età, semplicemente, le umilia.
“Diego, secondo me Martina, la tua compagna di asilo, ha un debole per te” Gli dico io notando lo sguardo languido della tenera bambina.
“E’ una cacca.”
Risponde lui, spietato, ad alta voce per far sì che il feedback arrivi chiaro alla diretta interessata.
Davanti alla scuola della sorella più grande, invece, si rifà gli occhi.
Non sa più dove guardare, peccato che nel suo campo visivo rientrino solo le cartelle!
A lui non importa, sa che sono tutte belle: bionde, brune, ricce, lisce, magre o giunoniche, per quanto possibile alle elementari.
Basta che abbiano almeno sette anni e siano alte il doppio di lui.
Un giorno ha conosciuto Zoe, sette anni, bionda, altissima, olandese.
I rigoli di bava solcavano il mento del mio piccolo latin lover che optò per la tecnica della cozza. “Ti sto vicino perché non voglio perderti.”
Le diceva con l’occhio languido e lei, a dire la verità, non sembrava poi così dispiaciuta.
In Calabria, nonostante lo avessimo già promesso alla vicina di casa Cecilia, sua bellissima coetanea, lui ha scelto Lucia, la cuginetta di otto anni.
Devo dire che, per non avere nemmeno cinque anni e per sospirare ancora il metro di altezza, avere in curriculum due innamorate poste agli estremi quasi opposti del continente, non è niente male!
Il ragazzo sta affinando una tecnica infallibile fatta di simpatia, tenerezza e sfacciataggine e non mi stupirei se, tra qualche anno, diventasse il Toy Boy più ambito di Torno.