Ultima modifica 19 Dicembre 2015
Un’adozione internazionale è un impegno finanziario non da poco. Tra mandato all’ente, viaggio, soggiorno si arriva a spendere almeno 20-25mila euro ed in alcuni casi si possono superare i 30mila.
Non sono poche le famiglie con un reddito “normale” che, pur di coronare il sogno di mettere su famiglia, ricorrono alle banche. Per fortuna alcuni istituti di credito hanno studiato finanziamenti agevolati, senza spese di istruttoria e senza richieste di garanzie, come per i mutui per la casa, da utilizzare in caso di adozione.
Basta presentare una copia del decreto di idoneità rilasciato dal tribunale competente, un documento di identità, la dichiarazione dei redditi e la copia del mandato conferito dall’ente autorizzato per svolgere la pratica di adozione.
Emil Banca offre questo tipo di mutuo con un tasso del 3% (l’importo può arrivare a 15.000 euro da rimborsare in 5 anni) e stessa tipologia di finanziamento è offerta da altre banche di credito cooperativo come Centromarca Banca, Cassa Rurale ed Artigiana. C’è poi Bnl (con AdottAmi si possono chiedere fino a 30mila euro), Casse Rurali Trentine (mutuo Adopto) e Banca popolare di Bari, che offre Adobimbo, un prestito al 5% – da restituire in un anno – per una cifra che copre solo il 60% della spesa totale per un importo massimo di 18mila euro.
Le domande di adozioni internazionali in Italia sono scese del 22% ed una delle cause, in anni di crisi come questi, è proprio l’ enorme sforzo economico che un’adozione internazionale richiede e purtroppo sono diventate molte le famiglie costrette a rinunciare.
Ricordo che quando decidemmo mio marito ed io per il Brasile l’impegno economico iniziale ci spaventò non poco. Gli anni di attesa furono dedicati, oltre che alla preparazione per accogliere i nostri figli, anche all’accantonamento di tutto ciò che potevamo in previsione dell’enorme spesa che ci attendeva. Dovemmo ritirare la polizza di accantonamento pensionistico per poter disporre della cifra che ci occorreva, circa 30 mila euro, per poter portare a termine la nostra adozione.
Certo lo sforzo è valso la pena, poter raggiungere i nostri figli ci ha fatto dimenticare gli enormi sacrifici che facemmo in quel periodo. Adesso, con questa forma di supporto economico facilitato, le cose sono un po’ meno faticose e più sopportabili dal punto di vista economico e questo aggiunge un pizzico di serenità durante il percorso. Certo, bisogna comunque disporre di una cifra iniziale perché la banca non copre l’intera cifra ma è già un buon inizio.
Rimane il fatto che, spiega Marco Griffini, presidente Aibi, Associazione amici dei bambini, “Il problema dei costi è tra le prime cause della crisi delle adozioni internazionali. In Sud America per esempio i tempi tecnici richiedono una permanenza di circa due mesi, in Kenya otto. Poi ci sono le spese fisse delle tasse adottive: basti pensare che per un bambino cinese occorrono tremila euro, per un nepalese quattromila. Dove si può tagliare, invece – aggiunge Griffini – sono i costi variabili, quelli relativi a legali e mediatori pagati “a cottimo” perché utilizzati non come dipendenti della struttura ma a singola adozione.
In accordo con la Commissione adozioni internazionali abbiamo fissato un tariffario che prevede una spesa non superiore ai 4000 euro da parte italiana. Un tetto che non sempre viene rispettato e che spesso costringe le coppie a portare all’estero soldi in nero, alimentando un circuito illegale. Noi vorremmo più controlli proprio per ridurre i costi e dare una speranza alle coppie senza figli, che oggi sono la metà del totale. Ma soprattutto per dare una possibilità in più ai bambini meno fortunati di avere una famiglia. Una vita”.