Ultima modifica 28 Aprile 2021
Diciamocelo: i social sono il tallone di Achille di noi genitori di adolescenti.
I nostri figli ne fanno un uso che ci sembra sempre spropositato e fatichiamo a governare il fenomeno che rischia di trasformarsi in emergenza.
Proviamo però un secondo ad analizzare l’evoluzione di questi social.
Nasce come strumento per incrementare il giro di conoscenze tra gli studenti universitari americani. Molto velocemente si diffonde nel mondo giovanile (fuori dagli USA, come è giusto che sia per un qualcosa che è virtuale). Nel giro di poco viene invaso anche dagli adulti che – un po’ alla scoperta del nuovo strumento, un po’ per una sorta di invidia adolescenziale e un po’ per una millantata smania di controllo – se ne impossessano causando la fuga di massa degli adolescenti.
Pare normale. Visto che, tra la dimensione del controllo subito e gli argomenti che diventano immediatamente vetusti, i ragazzi difficilmente sopportano di stare nello stesso luogo (reale o virtuale) con i loro adulti di riferimento.
Ecco che a soppiantare Facebook uno dei social più usati dai nostri ragazzi (che il buon Mark Zuckerberg non tarda a fare suo riconoscendone immediatamente le potenzialità commerciali) è Instagram. Progetto che nasce con una filosofia leggermente diversa. Non tanto condivisione di contenuti, di pensieri o di ricordi, ma soprattutto di immagini.
Ed è lì che gli adolescenti ormai praticamente vivono. Tra la pubblicazione delle proprie foto, il voyeurismo nei confronti dei personaggi famosi e la narrazione della propria vita attraverso le stories.
Poiché l’utilizzo di questo social
è basato principalmente sulle foto dovrebbe venire naturale domandarsi perché un ragazzo abbia bisogno di mostrare l’immagine di sé a tutto il mondo.
Immagine che viene spesso proposta con 1000 filtri, possibilmente anche un po’ photoshoppata e declinata in pose che imitano quelle dei personaggi famosi tra ragazzi che mostrano il six-pack e ragazze che assumono pose esageratamente sexy.
La risposta pare quasi banale nella sua normalità. Nella fase adolescenziale l’immagine di sé è un punto cardine.
I ragazzi stanno mutando interiormente. E soprattutto esteriormente. E nella fatica di riconoscersi in questo cambiamento cercano di comprendere che tipo di persone potranno diventare. Nel processo di identificazione il meccanismo naturale sembra essere quello di confrontarsi con l’immagine di coloro che sono riconosciuti come icone.
Dall’interesse verso i personaggi famosi e i loro stili di vita, al nominarli come modelli il passo è breve, in un vortice di imitazione quasi indiscriminata e poco consapevole.
Ecco che Instagram sembra quindi giocarsela a pari merito tra
il culto del narcisismo
e l’evoluzione del voyeurismo moderno.
Questo improbabile equilibrio pare piacere molto agli adolescenti. Che attraverso l’immagine provano a esprimere se stessi. La fatica, dal mio punto di vista, sta nel cercare di farlo superando gli stereotipi che la moderna società dell’immagine ci pro[im]pone trovando il modo di associare anche un contenuto che non sia necessariamente esteriore.
Nel processo di costruzione della propria identità personale, infatti, i ragazzi tendono a mettere sullo stesso piano interiorità ed esteriorità.
Se sono bello fuori, lo sono anche dentro. Se piace la mia forma,
piace anche la mia sostanza.
Ma se i modelli di riferimento sono Cristiano Ronaldo con il suo fisico statuario che molti di noi maschietti invidiano, Fedez vestito anche quando è nudo a dispetto della sua capacità critico-costruttiva di ironizzare seriamente sui tatuaggi nel verso di una sua canzone “i miei tatuaggi non sono di loro gradimento, io sono sporco all’esterno ma giudicare le apparenze è l’atteggiamento tipico di chi è sporco dentro”.
Chiara Ferragni che a 13 secondi dal parto stava già posando sorridente come se la fatica più grande fosse acquistare una nuova borsa o Selena Gomez che con i suoi +120 milioni di followers fa certamente sognare [e non solo] milioni di adolescenti.. quale piano di realtà possono vivere i ragazzi?
Come si può competere con il corpo di Cristiano (che indirettamente ci fa pensare sia collegato ai milioni di euro che guadagna) se non massacrandoti di addominali ogni giorno?
O con quello di Selena e riuscire così a conquistare un bel Justin Bieber del paese accanto. Ammesso e non concesso poi che il buon Justin sia interessato a quel tipo di corporeità,
se non mettendoti a dieta fino a dimenticare che il cibo è l’energia del nostro corpo?
Come puoi sopportare i brufoli o i capelli che non riescono a stare come vorresti? Riesci a digerire di non avere i muscoli che guizzano unti o il fatto che il tuo seno non sia della stessa dimensione che pensi dovrebbe avere?
Come fai ad accettare i tuoi umani difetti se ciò che ti propongono è una perfezione impossibile da raggiungere?
Ma soprattutto: se proponi un’immagine di te priva di contenuto o di sostanza emotiva, intellettuale o caratteriale come riesci a difenderti da chi cerca esclusivamente un corpo da guardare, adorare o (addirittura) violare?
Perché diciamocelo ancora molto chiaramente: i social sono anche luoghi che, se non attentamente monitorati, possono trasformarsi in potenziali pericoli.
Il voyeurismo ormai non è solo degli adolescenti che sono alla ricerca della loro identità e quindi di modelli a cui assomigliare. Ma anche di quegli adulti che sbirciano attraverso il buco della serratura. Non solo per controllare cosa fanno i giovani, ma (aspetto non così lontano dalla realtà, purtroppo) per soddisfare determinati pruriti.
La mia non è volontà di creare allarmismo, ma semplicemente sottolineare il concetto che bisogna riflettere su quali sono i pro e i contro di ogni strumento che gli adolescenti utilizzano.
Instagram può essere una grande risorsa.
Attraverso le immagini i ragazzi hanno la possibilità di raccontare e raccontarsi. Possono condividere le loro vite riuscendo a soddisfare il loro bisogno di confronto e di ricerca di modelli. Ma è necessario che gli adulti riescano a usare lo strumento con un occhio di riguardo a quelli che sono i fruitori principali.
I genitori devono prenderne possesso (senza invaderlo come è successo con Facebook, con l’obiettivo principale di soddisfare il proprio Ego) ribadendo quotidianamente che l’immagine esteriore è monca se non accompagnata da un contenuto interiore.
I social influencer non possono dimenticare la loro funzione educativa. E devono quindi imparare ad accompagnare la forma con la sostanza.
Perché gli adolescenti oltre a guardare loro stessi osservano attentamente noi, che siamo (inconsapevolmente per noi e per loro) i veri modelli.
Ma noi non possiamo continuare a considerare noi stessi e il nostro ombelico dimenticandoci di loro.