Ultima modifica 20 Aprile 2015
Oggi è Natale e nel mondo si riaccendono luci, si preparano riti e processioni, si ripropongono le antiche tradizioni che, a volte, ritroviamo, con poche modifiche, in paesi lontani l’uno dall’altro. Viaggiando e leggendo ho ritrovato queste che vi narro.
Nei Balcani caratterizzati da una grande varietà di religioni simili e diverse ha creato un vero mosaico di tradizioni particolari con l’accompagnamento di musiche allegre, vivacissime che invitano alle danze, tradizionali anch’ esse. La memoria dei riti spesso si perde nella notte dei tempi, riti pagani che il cristianesimo ha assimilati e fatti propri, riti inneggianti alla natura e agli alberi in particolare, segno dell’antica e vivace civiltà contadina e pastorale.
Una tradizione comune a tutto il territorio è quella dei bandjaci. Non sono altro che tre pezzi di legno che, raccolti rigorosamente dagli uomini di famiglia vendono portati accanto al camino e accesi, l’uno dopo l’altro appena il sole della vigilia tramonta con un rito antico e solenne accompagnato da canti e auguri, cosparsi di acqua benedetta e, appena il fuoco scoppietta vengono gettate manciate di grano.
Rappresentano, secondo i paesi, i re magi o la Sacra Famiglia. Ma le cerimonie sono appena all’inizio, a tavola ognuno accende il suo cero, simboleggiante la nascita di Cristo e tutti si raccolgono in preghiera, poi, il più anziano li riunisce in un unico fascio e il pranzo inizia.
La tavola è decorata con vasi di grano in cui troneggiano rametti di abete, bosso e arancio e da uno specialissimo dolce composto da 3 ciambelle intrecciate al simbolico significato.
Qui ritroviamo il rito delle 12 notti, le stesse che predominano negli antichi riti celti, notti temute poiché la credenza vuole che siano popolate da spiriti maligni, contro i quali sono stati escogitati, da sempre, misteriosi rimedi.
Anche la Grecia ha le 12 notti, quelle che decorrono tra Natale e l’Epifania, popolate da misteriose. Terrificanti figure. In questo paese, più ancora che in altri, si mescolano riti di culture antiche e diversissime tra loro, in una mescolanzad i tradizioni antiche e proprie, di quelle turche e romane, di quelle cristiane, di quelle slave.
Perciò, gli strani esseri che popolano le 12 notti sono per metà uomini e per l’altra metà animali, come i seguaci di Dioniso ( il nostrano Bacco) e sono scacciati con processioni. Brevissime piece teatrali accompagnati da un frastuono assordante, che non si può certo definire musica, prodotto da strumenti i più diversi.
Ma se non basta, per scongiurare i ratti di fanciulle, vengono appese, sul retro delle porte, mascelle di maiale e viene sparso del sale sulla legna che brucia nei camini.
In Messico, nei giorni che precedono la vigilia, è facile vedere piccole processioni, negli antichi costumi che, riproponendo il peregrinare di Maria e Giuseppe, bussano alle porte delle case chiedendo posada ( ospitalità), ma, come avvenuto in quel lontano passato, ricevono risposa negativa sino a che in una di queste abitazioni viene risposto con un canto e si trova ricovero, anzi una vera e propria festa dove si mangia e si beve e dove i piccoli possono rompere la pinata, la stessa che da noi si rompe a metà quaresima.
Un’ altro salto e siamo dall’altra parte del mondo, nelle Filippine è gran festa, le celebrazioni sono imponenti, fastose, le messe grandi. Ogni giorno dal 16 dicembre alle 4 del mattino di celebra la misa del Gallo. La tradizione risale a quando arrivarono i missionari spagnoli che ne stabilirono l’orario per permettere ai contadini di assistervi prima di recarsi al lavoro nei campi.
Ovviamente, dopo la messa, si banchetta con bibingka e puto bumbong, i tradizionali dolci di riso natalizi che sono venduti sulle bancarelle situate proprio sui sagrati delle chiese.
Torniamo in Europa, in Ucraina, dove tante sono le tradizioni. Allo spuntare della prima stella nel cielo della vigilia inizia il banchetto con un piatto che risale al tempo in cui si celebrava il rito pagano del raccolto, ripreso dalla tradizione cristiana è la kutia.
Segue un cenone composto di 12 portate, obbligatoriamente tradizionali, che simboleggiano sia i 12 apostoli sia i 12 mesi dell’anno.
Non ci sono regali, ma alla fine del pasto tutti i convitati pregano e cantano coralmente gli antichi canti della koliada, derivati dalle calende romane e che, quindi vantano origini pagane.
In Romania, il Natale ha un nome antico e, quindi, come molti termini della lingua rumena, latino craciun, che trae origine nel ceppo di legno dallo stesso nome, simboleggiante il sol invictus e che, in latino corrisponde a creazione. Tutto ha inizio il 20 dicembre quando, tradizionalmente, viene ucciso il maiale e, contestualmente, inizia la preparazione dei cibi per le feste.
Cantando le colinde, filastrocche che narrano le vicende della nascita di Gesù, o giocando alla capra, che consiste nel vestire a festa una capra, i giovani vagano per le vie di città e paesi, andando di casa in casa a portare il loro augurio di prosperità.
Altri, ragazzi dai 7 ed i 14 anni, portano in processione una grande stella di legno, con addobbi coloratissimi e rami frondosi e piante. Simboleggiano sia il viaggio dei Magi ( tradizione cristiana), sia le tradizioni nordiche di papà inverno .
Mille, anzi di più sono le tradizioni millenarie che sopravvivono soprattutto nelle campagne e presso quei circoli che vogliono ricordare e tenere vive le loro tradizioni, la loro cultura, le loro radici.
Buon Natale.
Nonna lì