Ultima modifica 18 Maggio 2015
Tutti, o quasi, parlano della Pace, auspicano la Pace, trovano che sia la condizione obbligatoria per una vita degna di questo nome, ma…senza giustizia sociale la pace non esiste.
Chi può pretendere che un povero, un calpestato, uno verso il quale sono state perpetuate ingiustizie le accetti, abbassando il capo e rispetti chi è causa dei suoi problemi, chi gode di enormi privilegi autoassegnati, chi ne è tacito servitore chi comanda autoritariamente, magari fingendo di farlo un nome di un popolo sovrano che sovrano proprio non è.
A volte si ribella, a volte fa rivoluzioni, a volte grida a volte…si fa prendere dalla rabbia e distrugge.
Non parlo di coloro che urlano a prescindere, che devastano, che compiono atti di vandalismo gratuiti certo non contro i ricchi ed i potenti, ma contro la gente comune, contro quelli verso i quali, purtroppo solo a parole, gridano la loro solidarietà, il loro appoggio.
Coloro che fanno del no la loro bandiera, quelli che non accettano le regole, nessuna regola, nemmeno la volontà della maggioranza, perché non la riconoscono, pensano, forse, di essere dalla parte del giusto e vogliono imporre il loro modo di vivere, il loro modo di pensare.
Sono sullo stesso piano di coloro verso i quali, a parole, è indirizzata la loro protesta, non perseguono la pace, ma una guerra urbana che non tocca i potenti chiusi nelle loro stanze dorate o circondati da guardie del corpo e che si muovono su auto blindate, ma la gente comune, forse inane, ma…che ha il diritto di vivere come preferisce, che protesta sommessamente, che, forse, si sente impotente a modificare lo status quo, ma che non intende offendere, devastare diventare violenta.
Sbaglia? E chi siamo noi, chi sono loro per giudicarla, per sopraffarla?
Con la violenza poi, con la sopraffazione uguale e diversa da quella di coloro che comandano e procedono con l’inganno, con le menzogne, che chiedono sacrifici mentre loro si arricchiscono sempre più, che non rinunciano a nulla, ma loro, loro sono forse diversi? No!
Non sono sempre i diseredati che appiccano fuoco alle auto o ai cassonetti, che spaccano le vetrine, o occupano case ed edifici pubblici, spesso sono figli di papà, persone che si dilettano a devastare, che chiamano centri sociali i luoghi dove si radunano per fare quello che vogliono, senza rispettare nemmeno una delle regole di un vivere civile, che non propongono, ma si oppongono a tutto e a tutti.
È nato forse diversamente Al Quaeda? È nato forse diversamente il Califfato nero denominato Isis? Boku Aram?
Perseguono forse la giustizia sociale? La Pace? No!
Loro sono altrettanto contro i popoli, contro la gente comune, sono anche loro, e più degli altri, sopraffatori, persone che vogliono imporre la loro idea o la loro religione o il loro io con le buone o con le cattive, a loro non importa uccidere, assassinare a loro importa solo imporsi, comandare. Possiamo però, in coscienza dire che quella che viviamo o che pensiamo di vivere sia la vera pace o, invece, non sia una sorta di compromesso, una vita meno peggio che sfugga agli orrori di una guerra devastante come quelle vissute fino al secolo scorso?
Che l’inerzia della maggioranza non sia invece rassegnazione, coscienza di impossibilità di modificare le cose, inutilità degli sforzi contro il muro di gomma verso il quale li vorrebbe dirigere?
Certo tutti i non privilegiati ambiscono alla giustizia sociale, ma siamo sicuri che se qualcuno di loro, all’improvviso, per meriti propri o per fortuna compisse un salto e diventasse parte integrante di quei privilegiati che sino a ieri aveva disprezzato si comporterebbe in maniera diversa?
Giustizia sociale non è sinonimo di uguaglianza, non siamo tutti identici, ognuno di noi è un mondo a se, ci distinguono intelligenza, condizioni di partenza, dati biologici, luogo dove nasciamo, ma possiamo diventare uguali e diversi, quando e se la giustizia sociale fosse attuata.
Ognuno pagato per quello che merita, che si nasca con condizioni diverse è un dato di fatto, c’è che è più alto, chi più basso, chi nero, chi bianco, chi ricco, chi povero, chi intelligente, chi meno, chi diversamente abile, ma ognuno deve essere messo in grado di migliorare sé stesso, di poter sviluppare al massimo le sue attitudini, a nessuno deve essere preclusa una strada per le condizioni di partenza.
Certo ci sarà chi partirà con handicap, ma non per questo le vie del sogno gli devono essere precluso.
Utopia? Forse, ma solo così ci potrà essere, finalmente, la pace.
Ma dobbiamo costruirla, anche faticosamente, perché è frutto di vera civiltà, poiché in natura la pace non esiste.
Non esiste e lo constatiamo costantemente, continuamente, non abbiamo inventato noi umani la legge del più forte ce l’ha insegnata la natura, dove tutto è sopraffazione, dove il debole soccombe sempre.
La pace è un sogno dell’uomo che, forse, non ha ancora trovato la vera via per raggiungerla o, forse, è condizionato dai privilegi, dalla voglia di ottenerli, dalla forza con la quale li tiene stretti, non li vuole condividere, li vuole aumentare, li vuole solo per se.
Solo rinunciando a qualcosa, forse diventando un po’ meno egoisti, forse…Ma quando?