Ultima modifica 14 Settembre 2015
Ho letto il racconto rilasciato da una mamma adottiva ad un quotidiano che mi ha lasciato una profonda tristezza. Lo riporto qui perché è bellissimo, malgrado il dolore.
Mi commuove e mi rende fiera del mio genere, una donna così bella.
La donna in questione, oggi mamma di un bambino, racconta del bimbo che ha potuto adottare e di quello che, invece, ha dovuto lasciare. Racconta, da dentro, il lungo calvario per avere suo figlio, le lungaggini burocratiche e spesso vessatorie, un percorso ad ostacoli che lei chiama, trincea.
Alla domanda di come si arriva all’adozione, la mamma racconta che ci si arriva per un incontro di bisogni e di fatto, non si è, mai, veramente preparati.
E’ come la gestazione di una balena che dura quattro anni. In questa lunga gravidanza, immagini tuo figlio che si trova in qualche angolo del mondo e ti aspetta. Quando lo conosci, invece, è una questione di sensazioni, di pelle. L’incontro di due sconosciuti destinati ad essere l’uno, per l’altra, l’inizio e la fine.
La tenerezza di un bimbo che accetta di darsi a due genitori che non conosce è un atto meraviglioso; come quello dei due che, sono pronti ad amarlo senza riserve nonostante, affettivamente, fino a quel momento lui sia vissuto solo nel loro immaginario.
La mamma adottiva racconta il primo incontro con il bambino che poi non ha potuto adottare.
La promessa fattagli e non rispettata perché un parente del bimbo, presentandosi, fece saltare l’adozione.
Lei è stata la madre di quel bambino mai avuto, per otto mesi. Una cosa difficilissima da accettare.
Una volta a tornata a casa, tutto le parlava di lui. Le foto, la cameretta pronta, le notti insonni a pensarlo lontano.
Poi la svolta.
Se il piccolo aveva potuto accettare con il sorriso di rimanere con quel parente, anche lei avrebbe dovuto andare avanti.
Poi, l’arrivo dell’altro bimbo. Un figlio per il quale ha lottato come una leonessa e che l’ha cambiata nel profondo.
E quando lui le dice “Mamma, vorrei essere nato dalla tua pancia” tutto si scioglie e diventa liquido.
Fluido come l’amore.
Dell’altro bambino conserva la foto sul comodino e spera un giorno di poterlo rivedere.
Poi, si rivolge ai genitori del Congo esortandoli a non mollare. A stringere i denti , a crederci, a lottare per quei bimbi che non possono, a differenza di noi adulti, scegliere.
C’è un bimbo, in qualche angolo del mondo, o del cielo, che è tuo figlio.
Non mollate.
Raffaella Clementi