Ultima modifica 17 Giugno 2023
Il Maestro Franco Lorenzoni è stato chiamato dal nuovo Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi.
Indubbiamente una mossa di grande spessore e significato.
Bella mossa, così bella che se riuscisse a dargli ascolto avremmo la scuola che tanti desiderano: quella che pensa agli studenti.
Franco Lorenzoni, 40 anni nella scuola come insegnante, è il maestro che ha creato il Laboratorio di sperimentazione educativa di Cenci, ad Amelia (PG).
E’ il maestro che da più di 30 anni porta avanti un progetto universale: quello di dare la scuola ai bambini e ai ragazzi, tutti, per farne un posto migliore della società, con la speranza che si specchi in essa, prima o poi.
E anche questa volta, ovviamente, si riconferma come uno dei pochi uomini di scuola.
E’ stato chiamato a lavorare nel gruppo di esperti che si consulteranno su come trovare un modo per recuperare… ma lui non parla di tempo perso, come fanno tutti.
Lui parla di occasioni, dialogo, rapporti e relazioni perse.
La didattica a distanza è una fatica continua per tutti, perché toglie alla scuola il senso della scuola: l’imparare insieme.
Piccolo inciso per spiegare su cosa ci dobbiamo concentrare, cosa dobbiamo vincere. Qualche tempo fa leggo un commento di un genitore ad un articolo come tanti sulla DaD.
“Mio figlio si trova benissimo con la DaD, anzi meglio! Studia tanto e benissimo da solo, anzi, ha meno distrazioni e meno problemi, è organizzatissimo.”
Senza distrazioni? E ti credo!
Senza un confronto quotidiano con l’altro, chiuso nella sua bolla, con i microfoni chiusi, in quel silenzio surreale.
Un genitore che è contento di vedere suo figlio chiuso in casa a studiare da solo ha due grossi problemi: o non ha capito nulla del vivo apprendimento, quello in cui il compagno ti chiede un suggerimento e ti fa sentire vivo, affidabile… o quello in cui dici una cavolata, te ne accorgi dalle facce dei compagni e rimoduli. Oppure la scuola viva, in presenza, gli ha creato così tanti problemi che ora sta meglio così.
In entrambi i casi ci sono due enormi problemi da risolvere: la DaD e la vita vera in classe.
Sì, perché parliamo di due distanze: quella reale, stando dietro ad un PC, e quella che si vive in una classe, quando non si crea il gruppo… e allora sto meglio da solo.
Ecco le distanze che si devono curare, e sono tante.
Il Maestro Lorenzoni guarda dall’alto e da molto tempo una scuola inadeguata al porre attenzione ai giovani.
Di queste distanze parla e le considera come portatrici di “gravi conseguenze”.
Dobbiamo sbrigarci a restituire ai giovani quello che spetta loro in termini di scuola, ma anche in termini società che li sappia ascoltare sempre.
Da “I bambini pensano grande” scritto proprio dal maestro, mi torna questa frase:
“I pensieri infantili sono sottili. A volte sono così affilati da penetrare nei territori più impervi arrivando a cogliere, in un istante, l’essenza di cose e relazioni. Ma sono fragili e volatili, si perdono già nel loro farsi e non tornano mai indietro.”
Vale anche per i pensieri dei ragazzi più grandi.
Penso a quanti ne abbiamo persi.
Tutti quei pensieri che restano dietro un “Ora puoi chiudere il microfono”.
Parliamoci chiaro, li stiamo silenziando, con grande dolore, per me.
Tutto ora dovrebbe convergere sui giovani e sulla scuola, anche le risorse economiche, perché, come dice il maestro, «Sui figli e nipoti stiamo scaricando – dice ancora – un debito pubblico di grosse proporzioni.
Non possiamo che risarcirli con la migliore istruzione possibile. I fondi individuati dall’Europa si chiamano “Next generation”, cioè sono per loro».
Come? Dando finalmente alle classi un numero giusto: quello che permetta a tutti di dire la propria, quello in cui il tempo è per tutti, quello in cui nessuno viene silenziato, quelli che puoi guardare in faccia.
Sentir parlare il Maestro Lorenzoni è, per un insegnante, il vento fresco dopo un’afa soffocante: tutte “le prime volte” perse, tutte le esperienze negate che fanno la vita di un ragazzo o di un bambino, delle occasioni di ascolto perse me le sento tutte addosso come fossero pietre e il maestro lo sa.
E così, in questo periodo nero in cui gli insegnanti sono indubbiamente fortunati, perché sono stipendiati pur lavorando a casa, sentire parole che riconoscono la reale tragedia della scuola, è un modo per sperare ancora, perché c’è qualcuno che capisce, che ha un sentire profondo e diverso da tutta la superficialità.
Sì, non siamo manovali del libro e della sedia, non siamo lì a chiacchierare e chi sente sente, chi non sente cavoli suoi (oddio, non escludo che possa esserci qualche insegnante così, ma non ne conosco).
Ogni giorno cerchiamo di fare scuola, ma non ci viene, perché non stiamo insieme.
Ora c’è qualcuno che sa di cosa parliamo in termini di recupero.
L’unico problema è se il Maestro Lorenzoni verrà ascoltato, perché sappiamo bene che il cambiamento costa.
Ci siamo capiti no?