Ultima modifica 22 Febbraio 2016

Il grande giorno è arrivato. Primo quadrimestre finito ed è la resa dei conti.

Avendo due figli, punto sempre su quello secchione pensando che dopotutto in qualche cosa dovrebbe pure assomigliare alla madre. Poi penso a come andavo veramente a scuola (e non a come gliela racconto) e capisco che non sempre la colpa è dei geni maschili.

Comunque all’aumentare del numero degli eredi, le probabilità di incrociare qualche nove si moltiplicano, se non altro perché una buona percentuale deriva dalla frequentazione della scuola primaria e dal buon cuore della maestra di religione.

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Quest’anno ho avuto un colpo di scena, il Piccolo Principe ha avuto la pagella migliore della eterna Campionessa in carica.

Effetto sorpresa? Direi proprio di no.

Si vedeva che lei batteva un po’ la fiacca e che forse era più interessata ai suoi capelli che ai confini del Piemonte.

Nel marasma generale della separazione effettivamente li ho seguiti meno a scuola (mi merito di essere rimandata a settembre, io insieme al mio senso di colpa). Prima questa dolorosa decisione e poi il trasloco. In più ho avuto un lavoro temporaneo che non mi ha dato nemmeno il tempo di abituarmi alle nuove mansioni che ormai ero di nuovo disoccupata.

E loro sono sempre lì, che ti osservano da vicino.

Ognuno di noi, a suo modo, ha dato un po i numeri in questa prima fase.
Lui con un costante bisogno di attenzioni, lei che ha tralasciato un pò lo studio e io, che continuo a mettere insieme i pezzi di questo puzzle, ben attenta a non perderne nemmeno uno, anche se ancora non so bene come incastrarli.

Lunedì pomeriggio, a testa alta, sono andata alla mia splendida riunione per la consegna delle pagelle, alternandomi tra una classe e l’altra. I figli ovviamente al seguito perché il genitore presente è sempre il solito e loro non “hanno ancora l’età”, stile Cinquetti, per uscire senza di me.

Ho fatto anche la faccia composta e seria davanti alle osservazioni della maestra, che per carità, ha tutte le ragioni del mondo, ma che ad ogni parola in più mi faceva sprofondare. Incassare certi colpi fa sempre male, proprio in quel profondo che ormai conosci bene, e senti un dolore lancinante anche se lo mascheri come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Non c’è nulla di più difficile al mondo che fermarsi a guardare i propri figli per quello che sono, con tutti i loro meravigliosi pregi ma anche rendendosi conto dei loro limiti.

E amarli incondizionatamente.
Così come sono.
Senza personali proiezioni fantasiose e senza aspettative.

Io cerco di guardare i miei nel modo più oggettivo possibile, anche se un altro paio di occhi mi farebbe veramente comodo.

Ma come si può parlare di istruzione e di problemi pre adolescenziali se nemmeno riusciamo a prendere accordi per un’inversione di week end?

Se come coppia non siamo stati l’esempio della perfezione, come genitori dobbiamo fare molto meglio.
Si ma noi. Noi. Seconda persona plurale.
Ora è praticamente impossibile.
Ci vorrà ancora tanto tempo e un vero percorso di crescita personale.
Adesso acqua alta a Venezia. E mi metto gli stivaloni.

La pagella è stata il nostro pit stop, ed è servita per fare il punto della situazione.

Si impara anche ad arrivare secondi e ad ingoiare qualche rospetto orgoglioso. Io credo di aver avuto momenti migliori nella mia vita, ma passerà anche questo. Si tratta solo di rimboccarsi le maniche.

Possiamo fare di meglio. Come sempre.

E quasi quasi per aiutare loro e condividere questa fatica, potrei pensare di ritornare a studiare anch’io. Un pò di formazione per facilitare l’inserimento nel mondo del lavoro. Così potrebbero vedere la mamma che ritorna sui banchi di scuola e che si rimette in gioco, condividendo la fatica per un bel voto (se fosse un lavoro ancora meglio).

Proviamo a mettere in carica il buon esempio e attendiamo i risultati.

Sara Uliana

La mia vita perfettamente pianificata è scoppiata come una bolla di sapone. Ora ricomincio da me: Sara, una donna separata, mamma single dei due bambini più belli del mondo e commessa part time per semplice necessità economica

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