Ultima modifica 20 Giugno 2019
Arrivati a fine anno dobbiamo riconoscere che siamo stanchi. Tutta la scuola, perfino i muri, sono stanchi.
Ma la scuola finisce quando finisce, e non prima.
Nel corso degli anni ho affinato la tecnica “ si lavora senza pietà fino all’ultimo giorno …. altrimenti dov’è il senso della vacanza?”
Magari lo sconto lo faccio sui COMPITI A CASA
Però è certo che lavorare dalla metà di maggio in poi è un duro corso di sopravvivenza, alla ricerca di 1.000 strategie per non soccombere.
La sicurezza del lavoro aiuta a placare un po’ tutti: il problema più grosso è la chiacchierite acuta che affiora come un pallone immerso a forza nell’acqua, e si sprecano i mal di testa.
Li vedi lì, con gli occhi socchiusi e le pappe rosse.
Però, nonostante tutto, chiacchierano.
Ok: stare a bocca chiusa per loro è una sport estremo.
Basta farsene una ragione e combattere con astuzia.
Portarli fuori in cortile è come sganciare una molla e puntualmente si fanno male.
Tenerli sotto torchio per 5 ore è impensabile: ci vorrebbe il mestolo per riconsegnarli ai genitori.
Allora che si fa?
Attività a onda: un’ora si spremono le “arance” e un’ora si fanno attività leggere, un’ora esercizio, un’ora novità.
Novità, sì, perché a differenza di quel che pensavo qualche anno fa, gli ultimi giorni non si può puntare l’attenzione soltanto sul ripasso.
Tre quarti della classe si annoierebbe da morire.
Allora ho iniziato da circa tre anni a lasciare per l’ultimo periodo 2 o 3 argomenti “simpatici” e accattivanti che dà gusto affrontare.
Questa altalena aiuta a passare le 5 ore facendo ciò di cui noi insegnanti abbiamo bisogno (verifica, ripasso) e ciò di cui hanno bisogno i bambini (interessare e incuriosire la mente). Magari si evitano 3 o 4 mal di testa e ce ne restano solo 2. E’ pur sempre una vittoria.
Abbiamo riempito vasetti da fiori con la terra “lombricosa” del terrario e abbiamo seminato la calendula. Ognuno ha portato a casa il suo vasetto.
E da una settimana ogni giorno c’è qualcuno che racconta come crescono germogli e fiori gialli. Abbiamo avuto la prova che la natura non finisce mai.
Poi, in questi due giorni, ho tirato fuori 4 generazioni di bilance: come funzionano?
Dai e dai sono riusciti a tirare fuori che ognuna di esse, pur servendo allo stesso scopo, funziona attraverso meccanismi diversi. Avremo scoperto “l’acqua calda”, però è stato divertente sentire le loro ipotesi.
Andrea ha capito che nella bilancia a lancetta ci doveva essere una molla “Perché se tu spingi e poi lasci, torna su!” o un elastico. E poi ha immaginato che quella digitale fosse collegata al satellite.
A scuola abbiamo la “bilancia del droghiere” del 1900: tutti con gli occhi sbarrati.
“Tranquilli, con la droga non ha niente a che fare.”
“Ah, maestra pensavo tanto male.”
“Però anche quelli che fanno la droga cattiva hanno la bilancia!”
Eh, in terza non li freghi più: ascoltano, capiscono, intuiscono cose grandi … anche se sono piccoli.
“Si, anche quelle sono bilance. Gli strumenti non hanno un cuore … diventano buoni o cattivi a seconda di chi li usa … andiamo avanti?”
“Si che è meglio!” Eh, è meglio anche per me. Certi argomenti vanno trattati a cuore aperto ma con estrema cautela.
Ogni giorno c’è qualcosa da imparare, no, intendo per tutti.
Pietro fa: “Maestra perché d’estate certe mattine sembra che non finiscono mai? Eppure è vacanza.”
E tanti bambini la pensano come lui. A casa si sta bene. Ma anche a scuola.
A volte, quando urliamo per farci ascoltare da loro, per farli stare attenti, sembra quasi una lotta.
Sembra quasi che vogliamo cose opposte, che non piaccia loro stare in classe, o che non piaccia a noi.
Ma quando viviamo momenti come quelli che ho descritto sopra, esce fuori l’essenza del nostro lavoro che coincide con l’essenza dei bambini: noi insegnanti vogliamo che imparino e loro vogliono imparare.
Spesso, nel corso dell’anno, scende la nebbia su questa strada che percorriamo, ma ogni tanto i bambini ti dimostrano che ci si può incontrare e che se un giorno è “no” domani sarà “sì”.
E’ anche vero che sul finire della scuola, quando si tirano le somme e si scopre all’improvviso che loro ti restituiscono ciò che hai dato (quasi tutto), svanisce anche l’ansia da maestrite … ormai quel che è fatto è fatto.
Mi sento come una Navel all’ultimo giro di spremiagrumi, ma soddisfatta.
E l’8 giugno arriverà con piacere, e dispiacere. Le maestre e i maestri sanno cosa vuol dire.