Ultima modifica 25 Luglio 2016
Sapevate che la parola “fortuna” nel mondo adottivo è un termine a doppio taglio.
Usatelo e vi sentirete dire di tutto. Un po’ come il temine “brava” detto o ricevuto si trasforma in un uragano Katrina di commenti.
Sono stata fortunata, ho avuto l’abbinamento in un lampo!
Trasformazione di chi ascolta: certo sei, come minimo, raccomandata!
Mio figlio era piccolo quando è arrivato, sono stata fortunata! Sottotitolo di chi ascolta: certo, come se avere un figlio più grande sia una sfortuna; -avete adottato?!?!?! Ma che bravi che siete stati. E lì vi lascio perdere la traduzione perché dipende da chi avete davanti in virtù del tempo che è trascorso dall’arrivo del bimbo in famiglia. Anzi no ve la spiego: in genere, appena arrivato il bambino, ci si prodiga in spiegazioni che non siamo bravi, che accogliere un bambino è una scelta ed un gran privilegio, che in realtà è frutto del sano egoismo del desiderare un figlio ecc. ecc., se invece ne è passata di acqua sotto i ponti dall’arrivo del pargolo, viene scoccato uno sguardo che esprime un: “ok, non ne capisci un tubo, lasciamo perdere, sono stanca di spiegare.”
Ma torniamo alla combinazione delle parole “fortuna e piccolo”. Se a mettere insieme questi due termini è una neo mamma adottiva che parla con delle veterane dell’adozione su un social network ecco che si scatena il putiferio. Il mare dei commenti si apre in due come nemmeno il mar rosso ai tempi di Mosè; da una parte le integraliste della visione più purista dell’adozione, dall’altra quelle che, a mio avviso, (ma sottolineo a mio avviso, sennò le prime massacrano anche me ed io grazie, ho già dato) hanno una visione realistica dell’adozione.
Vi faccio capire meglio: una neo mamma, entrata da poco in una community di mamme ado, per chiedere consigli, ha osato dire che era stata fortunata perché il suo bimbo è arrivato piccolo. Ora non ha ricevuto granché di consigli per la domanda fatta ma in compenso le sono piovuti addosso commenti scandalizzati sul perché ritenesse una fortuna aver avuto un bimbo di pochi mesi/anni (sinceramente non ricordo il particolare perché quando ho letto il post ero ad aquafan e non mi sembrava così importante la precisazione e dopo gli attacchi, la poveretta ha pensato bene di cancellare post e iscrizione al gruppo altrimenti sarei stata più precisa).
Commenti anche forti, piuttosto offensivi a parer mio e capisco la ragione per cui la “colpevole” abbia preferito battere in ritirata. La cosa poteva anche finire lì. Invece no, dato che nel mondo dell’etere è piuttosto frequente che i discorsi rimbalzino qua e là per il web, la polemica è continuata. Il famelico mondo di internet, non soddisfatto di essere riuscito a far evaporare la “colpevole”, ha rincarato con un generalizzato disappunto dove veniva palesato tutto lo sconcerto per il fatto che qualcuna potesse sentirsi fortunata per aver avuto in adozione un bimbo piccolo. Devo ammettere che parte dei commenti che sono stati fatti sull’argomento mi hanno rincuorata e mi ha fatto capire che di mamme ado che hanno come me una concezione realistica dell’adozione e che hanno la serenità di parlare sia della meraviglia di questa scelta che delle mille difficoltà che si incontrano, ce ne sono tante. (la prima che mi dice che anche i figli bio presentano le stesse difficoltà….mi faccia il favore di tornare a leggere le sue favole)
Ora, cara neo mamma adottiva che nemmeno conosco, sappi che siamo in molte a pensare che tu non abbia detto niente di strano. Siamo in molte che ci siamo vergognate dell’accoglienza che ti è stata riservata per una parola.
Penso anche io che sia una gran fortuna essere abbinati con un bimbo piccolo. Ringrazierei il cielo, la fortuna, pinco pallino, Dio… tutti se mi fosse fatto questo regalo, che ad altri non è toccato, di poter vivere momenti che altri hanno perso.
Mi posso, anzi no mi devo umilmente sentire un’eletta perché la sorte mi ha sfiorato con la bacchetta magica regalandomi momenti indimenticabili che chi ha avuto un abbinamento con un bimbo più grande non potrà avere.
Pochi mesi possoNO voler dire, che so…lallazione e quegli occhi negli occhi con il proprio bambino con sguardi liquidi, pochi anni possono voler dire riuscire a sentire le prime parole di tuo figlio ed essere certa che il primo mamma sia tuo, che il primo passettino sia verso di te, una infinità di cose che una mamma bio non si perde e noi invece possiamo solo fantasticare. È una fortuna poi, quando quel tempo è passato aver foto che hanno immortalato i momenti; non so voi ma a me hanno dato pochissime fotografie dei miei figli quando erano piccoli…un compleanno festeggiato in istituto, fanno pure schifo da quanto sono fatte male, ma io me le mangio con gli occhi….non c’ero ma almeno posso godere di luce riflessa, li vedo lì con le loro faccette piene di gioia davanti alla torta. È una fortuna, sì lo è. Lo è ma non mi sto a piangere addosso se non l’ho avuta anche perché il concetto di piccolo è immensamente relativo. I miei, 5 e 6 anni quando sono arrivati, mi sembravano immensamente piccoli e mi sentivo fortunata.
Ma è una fortuna soprattutto per quel bambino che se va in adozione subito ed evita di marcire per anni in istituto, è una fortuna per lui perché, se la teoria dell’attaccamento di Bowlby non è tutta una cavolata e sono certa che non lo è, prima arriva un bambino in famiglia meglio si instaura l’attaccamento con le figure di riferimento, attaccamento che influenzerà tutta la vita ed è inutile che ce la raccontiamo. Quindi è una fortuna per lui e per noi.
Ma il rovescio della medaglia quale è?
È una sfortuna se nostro figlio è arrivato già grandicello?
No, non lo è. Loro sono solo un po’ più fortunati, tutto qui.
È comunque una fortuna avere la possibilità di amare qualcuno, di aprire il cuore ad un altro essere umano che ti chiamerà mamma o papà, potrà essere un po’ più faticoso questo sì, ma l’incanto rimane. Rimane l’incanto di veder rifiorire l’amore in maniera consapevole, sarà una meraviglia, (beh, magari lì per lì si fa fatica a viverla come una cosa meravigliosa) vedere la fatica che si è fatta per arrivare all’amore nonostante la strada tortuosa che quell’amore ha preso. È certamente una soddisfazione ed una gioia che riesce a tenerti a lungo sulle montagne russe a causa dei percorsi che fa e che vedi solo quando ne sei sceso, anche se in realtà non ne scendi mai completamente. Un’amica, diventata da poco nonna, mi ha detto che ha visto tutta la meraviglia della sua adozione quando ha tenuto in braccio i suoi nipoti. È lì che ha trovato ragione tutto il suo impegno, tutta la lotta per quei figli che l’avevano fatta tanto disperare e tanto dubitare della sua capacità come madre. In quel momento ha capito di essere riuscita, donando tutto l’amore di cui era stata capace, ad insegnare ai sui figli ad amare a loro volta così tanto da desiderare un figlio.
Così penso che se è vero che quando ci si avvicina al mondo dell’adozione si pensa sempre ad un bimbo piccolo e si sogna ad occhi aperti un bambino da 0 a 3 anni, poi quando si incontra il proprio figlio si dimentica tutto.
E se qualcuno pensa che sia più facile crescerli perché piccoli, non si culli sugli allori! Non è comunque una passeggiata. Sfatiamo il luogo comune di piccolo uguale senza problemi o grande uguale a non si attaccherà mai…saranno sempre gioie e dolori. La ferita primaria sarà sempre in agguato tanto quanto le problematiche dell’attaccamento.
La marcia in più è arrivare al momento carichi di una grande consapevolezza.
Ed a questa consapevolezza ci si arriva un po’ durante la tanto odiata attesa dell’abbinamento, un altro bel po’ strada facendo.
Magari, la cosa più intelligente secondo me, è percorrere la strada in compagnia. Che sia insieme ad altre coppie adottive che magari sono un passetto più avanti di noi nel percorso, (non mi stancherò mai di consigliare di unirvi alle associazioni di famiglie già esistenti), insieme agli specialisti che siano in grado di sorreggere nei momenti più faticosi o leggendo tutto quello che vi capita a tiro che parli dell’argomento l’importante è mantenere sempre la testa accesa. Ma ricordatevi che, in ultima voi siete i genitori, voi conoscete la situazione meglio di tutti e siete capacissimi di leggere al meglio la vostra situazione.
L’ istinto materno si acquisisce quando arriva un figlio e non se quel figlio è stato o meno nella pancia.
Orecchie, occhi e soprattutto testa e cuore sempre ben aperti ci assicurano la certezza della strada da percorrere.
Il resto è tutto relativo.
Grazie, Elisabetta, per quest’articolo.
Da papà (senza ulteriori aggettivi) non posso che essere d’accordo: io sono fortunato ad essere genitore!
Buona vita,
Stefano