Ultima modifica 24 Agosto 2020
Noi, mamme di oggi, noi
Con tutto il mondo davanti a noi
Viviamo nel sogno di poi
Noi, siamo diverse ma tutte uguali
Abbiam bisogno di un paio d’ali
Così cantava Luis Miguel nel lontano 1986, riferendosi, ovviamente, ai ragazzi, e non alle mamme, di allora! Ma quel suo testo fanciullo, ben si adegua a parlare anche delle mamme, quelle che, in quegli anni, erano le nostre giovani madri, figlie del dopo guerra ed eredi del boom economico italiano.
Erano mamme che, comunque, dedite solo alla famiglia o inserite brillantemente nel mondo del lavoro, avevano tutto il mondo davanti. Diverse ma tutte uguali, immerse nel sogno di poi in cui i loro figli, le piccole noi, avrebbero avuto un futuro ancor migliore del presente che stavano vivendo.
Sì, perché il loro passato non era un gran che: molte erano state strappate al loro paese natale, in tante erano figlie di famiglie numerose e quasi tutte avevano conosciuto la povertà, l’ignoranza, l’ingiustizia e la discriminazione, se non la violenza.
Il presente, però, regalava loro la certezza che il miglioramento generale sarebbe continuato e, se avessero avuto un paio d’ali, certamente, è a noi che le avrebbero regalate, per volare ancora più in alto di quanto avevano fatto loro.
Molte mamme quelle ali le hanno conquistate, non senza sacrifici, e ce le hanno fatte indossare, consentendoci di studiare su quei libri che loro non avevano avuto, di fare quei viaggi che loro non avevano nemmeno mai osato sognare e aiutandoci a diventare le donne che noi ora siamo.
In fondo al loro cuore, ne sono sicura, avevano la certezza che, se loro, pur avendo ricevuto un’istruzione limitata ed occasioni di crescita circoscritte, avevano potuto raggiungere uno status socio economico soddisfacente, noi, con tutte le strade aperte, avremmo di sicuro sfondato.
Io ricordo bene quegli anni, ero solo una bambina ma ho sempre avuto un occhio clinico e un interesse particolare per l’occupazione, i redditi, le abitazioni, il benessere o le difficoltà altrui (insomma braccia strappate all’Istat!). Non ero una bimba ficcanaso, infatti non chiedevo nulla, ma deducevo.
Erano anni fatti di grandi industrie, di potere operaio, di scioperi abusati, di “Oggi mi metto in mutua perché mia nonna ha l’alluce valgo” E di tornei di Pinnacola in ufficio. Erano i tempi in cui comprare una casa significava investire sul mattone e non avere un mattone sullo stomaco. Tutti erano convinti che sarebbe andata sempre, ancora, inesorabilmente, meglio.
Ricordo perfettamente la varietà di mamme che popolava gli anni Ottanta, all’uscita dalla scuola, ai giardinetti, ai saggi di ginnastica, e ho imparato una cosa molto importante per mia autostima: mai paragonarsi a quelle mamme! A volte il paragone viene quasi naturale e, spesso, è proposto proprio da loro, le nostre Eighties mommy che, non senza un pizzico di cinismo o, più facilmente, un po’ di risentimento, ci ricordano con frequenza che non esistono più le donne di una volta.
E’ vero, quelle donne, quelle mamme, non esistono più perché non siamo più negli anni Ottanta e, per forza di cose, molte situazioni sono cambiate, in primis il mondo del lavoro, la situazione economica e anche un po’ la nostra consapevolezza.
Le nostre erano mamme che, il più delle volte, potevano scegliere: mamma a tempo pieno, lavoratrice part time o lavoratrice a tempo pieno, magari in carriera.
Certo, forse la prima scelta era la più in voga, visto che, tra gli uomini, la disoccupazione non era così diffusa e, col loro stipendio, era possibile sostenere un mutuo o un affitto e mantenere un’intera famiglia. Quindi, vi prego, mamme, oggi nonne, non veniteci a dire che lavoriamo troppo e dedichiamo poco tempo ai figli, perché molte mamme di oggi non possono scegliere, come avete potuto fare voi, visto che, o lavorano o ricevono lo sfratto!
C’erano molte mamme lavoratrici a part time o impiegate nel settore pubblico, con la possibilità, quindi, di godere di un orario conciliabile con la famiglia e di diritti che le tutelavano come mamme e come dipendenti. Lavoravano a pochi km (se non a pochi metri!) da casa, se noi eravamo malate, loro potevano stare a casa, la maternità di un figlio si attaccava a quella dell’altra e, alcune di loro iniziavano il congedo parentale che avevano ancora i brufoli e lo terminavano con le rughe, dimostrando, così, di essere pronte per la pensione, che, molto spesso, arrivava in anticipo.
Queste sono le mamme che, spesso, si chiedono come mai le loro figlie si trovino a dover scegliere tra lavoro e famiglia.
Qualcuna delle nostre mamme ha scelto, invece, la carriera e ha potuto farlo, qui, in Italia, non dall’altra parte del mondo, magari limitando la prole e sottraendole del tempo ma, comunque, è stata una strada scelta e percorribile fino in fondo. In quegli anni, con un diploma in mano, le aziende venivano a chiamarti a casa, se avevi un minimo di buona volontà, poi, potevi fare una bella carriera e avere un ottimo stipendio con cui pagare un aiuto domestico ed una baby sitter, potendo godere, comunque, di un bel gruzzoletto a fine mese.
Non c’è da biasimarla se una di queste mamme si scandalizza di fronte ad una figlia, con tanto di master, che lavora per sette euro l’ora o ha un contratto a termine e con ricatto. E’ naturale che quella stessa mamma rabbrividisca quando la figlia rinuncia al proprio lavoro più che full time o sceglie di non avere figli, perché qualsiasi collaboratrice domestica o tata di cui avrebbe bisogno esige una paga oraria superiore alla sua.
Non facciamo l’errore di paragonarci alle nostre mamme, non sul versante lavorativo, almeno.
Le mamme di oggi hanno avuto un’infanzia più felice e un mondo di opportunità in più, anche dal punto di vista personale, ma, pur avendo molte carte da giocare, alla fine si sentono spesso dire “Les jeux sont fait”.
Scusate care mamme, scusate nonne, avete passato giorni interi a cucirci quelle ali sul dorso sperando di vederci volare lontane, sperando di renderci libere e siete rimaste deluse.
Scusate care mamme, non è che per caso il giorno in cui le nostre ali sono uscite dalla fabbrica, l’operai addetta al collaudo era in sciopero?
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