Ultima modifica 21 Aprile 2021
Sono passati quasi 10 anni dalla mia adozione. Dopo tutti questi anni, mi chiedo cosa sia cambiato nel modo di approcciarsi al mondo adottivo da parte del resto della società.
Perché, oggettivamente parlando, nel mondo siamo secondo me ancora fermi a “noi e loro” cioè a chi è adottivo e chi è biologico.
Anzi direi che siamo ancora fermi a chi ha un colore e chi ne ha un altro.
Troppi gli episodi che si leggono. Ultimo la descrizione del killer dell’ultima strage in una scuola americana quando, i soliti giornalisti benpensanti hanno sottolineato il fatto che fosse un ragazzo adottato.
Mi sono sempre chiesta cosa cambiasse o che sfumatura prendesse nella mente delle persone la componente adozione quando ci si approccia ad un fatto criminoso.
L’essere stato adottato comporta forse una nota di tolleranza nei confronti dell’atto perché inevitabilmente si pensa “poverino vedi, è stato adottato quindi…”. Oppure, più facilmente, diventa un “è certo, è adottato, cosa ti aspetti” .
Viene quindi stigmatizzato il fatto che, sotto sotto, da un adottato ci si può aspettare un gesto tanto atroce.
In ogni caso la condizione di adottivo è sempre giudicata.
Si dà spesso per scontato che essere stato adottato può essere la “condicio sine qua non” per essere potenzialmente negativo e pericoloso per la società, diventa in ogni caso sinonimo di qualcosa di diverso.
Differenza che si accentua se poi la provenienza di quel “potenzialmente pericoloso” ha un colore differente dal colore che hanno la maggioranza delle persone che abitano un determinato posto.
Quando sulla relazione fatta dai nostri servizi sociali, in tempi ormai remoti visto che sono passati ben14 anni, lessi che si sconsigliava l’adozione di bimbi di origini etniche differenti dalle nostre visto che vivevamo in un paese piccolo di una regione piccola e non esattamente aperta al diverso, mi indignai non poco.
Pensavo mettessero in dubbio la mia apertura mentale.
Ed ho pensato: “ma come, io che mi reputo figlia del mondo, che non vedrei come diversi e quindi pericolosi neanche gli alieni.”
O che dubitassero della mia capacità di accoglienza di un bambino di un colore diverso dal mio mentre a me poco interessava se mio figlio fosse stato giallo, bianco, marrone o a pois verdi e blu.
Alla fine ho capito che si metteva invece in dubbio la capacità degli altri… quelli “normali” . Virgoletto perché credo che questo sia un termine atroce- ad accogliere qualcuno che avesse caratteristiche somatiche differenti dalle loro.
Oggi più che mai colgo questa sfumatura quando ogni giorno vedo girare fakes news su fantomatici extracomunitari che non pagano i biglietti del treno. Oppure di sparatorie contro extracomunitari perchè un’altra persona, che ha in comune solo il colore della pelle, ha commesso un omicidio.
Come se gli omicidi fossero appannaggio delle persone etnicamente differenti, mentre passano nella totale indifferenza, con al massimo un commento fugace, quando ci si trova davanti l’ennesimo femminicidio compiuto da un connazionale.
Ma si sa, se ti massacra un extracomunitario raccogli più indignazione perché lo si può usare come bandiera in questa insulsa continua campagna elettorale.
Ma la cosa che mi devasta di più è leggere che già alle elementari ci si ritrovi davanti ad episodi di inconfutabile razzismo. Una mamma racconta che al suo bimbo, somaticamente differente, viene detto da una compagna di scuola che “i negri devono stare con i negri, i bianchi coi bianchi e così via”.
Insomma alleviamo piccoli razzisti che da grandi diventeranno biologicissimi adulti violenti e razzisti.
Che tristezza!
Ora una standing ovation per questo bimbo che, dopo aver chiesto con chi mai dovesse stare lui visto che è color caffelatte e essersi sentito rispondere “con quelli come te”, ha riflettuto sull’argomento ed ha concluso che tutto sommato la sua compagna ha detto una cosa un bel po’ stupida e che comunque lei potrà anche essere più brava a scuola ma che non conosceva l’art. 3 della nostra costituzione (quello per cui tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali, per chi non lo ricordasse) e l’ha chiusa lì.
Santa resilienza.
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