Ultima modifica 20 Aprile 2015
Uno dei personaggi tristemente noti nella storia italiana degli anni ’60 e ’70, era uno dei rapitori di Aldo Moro ed era sospettato di essere stato l’esecutore materiale de suo assassinio. Condannato e poi scarcerato per i soliti motivi umanitari che caratterizzano la nostrana giustizia, lui non si era mai pentito, non aveva mai rinnegato i suoi trascorsi, anzi ne andava orgoglioso, orgoglioso, tra l’altro, di aver rapito, torturato moralmente durante la prigionia, e quindi abbandonato, dopo l’assassinio, Aldo Moro. Le brigate rosse avevano rivendicato di essere gli autori dell’accaduto, ma Gallinari non aveva mai risposto alle domande dirette, non aveva mai rivendicato di essere l’autore dell’assassinio.
Ora è morto, di morte naturale, ovviamente, ed il suo funerale è stata l’occasione di un rimpatrio per i brigatisti suoi compagni. Non accusatemi di oltraggio alla memoria, di mancanza della doverosa pietà verso i morti, ma scusate in me non c’è pietà per un assassino, perché anche se non ha premuto il grilletto ne era complice plaudente, perché si è sempre vantato di quell’impresa, perché si è proclamato brigatista rosso fino alla morte. Ma, sapete, questo è di secondaria importanza, perché lui era uno, ma al suo funerale tutti i partecipanti erano antichi brigatisti, alcuni dissociati per convenienza, altri pentiti del mal fatto, altri più o meno orgogliosi del loro passato.
Ma tutti hanno alzato il braccio con il pugno chiuso per salutarlo, per inneggiare a lui, per proclamare perseveranza negli antichi ideali, in suo nome e per continuare la sua opera. Hanno proclamato i loro slogan, hanno cantato i loro inni, hanno urlato le loro minacce. Anche Curcio era tra loro, il loro ideologo, il loro fondatore, l‘uomo che aveva dato origine al movimento, il cattivo maestro che aveva indottrinato molti giovani facendone le pedine, la manovalanza delle brigate, degli assassini che uccidevano per un ideale pseudopolitico, istigandone gli istinti peggiori. Quello stesso Curcio che, accusato e condannato come mandante dell’assassinio di un commissario di polizia, aveva, dal carcere mandato messaggi ai giovani, non si era mai dissociato, non aveva mai rinnegato le sue brigate, aveva solo e più volte dichiarato di non avere mai impugnato un’ arma, di non avere mai realmente ammazzato nessuno, di non avere mai espressamente ordinato un assassinio.
E Curcio aveva trovato ascoltatori tra l’intelligentia, tra coloro che si ritengono culturalmente superiori, che avevano invocato, più e più volte la grazia per lui, che avevano inviato petizioni su petizioni firmate da tutti loro ai vari Presidenti della Repubblica per ottenerne la liberazione, anche senza il pentimento del Curcio, condizione “sine qua non” per la concessione della grazia. Asserivano, quei dotti, che solo così si sarebbe potuto chiudere quel periodo, dimenticare e pacificare gli animi dei superstiti, perdonare e ricominciare. E, alla fine, Curcio è stato liberato, anzi, da intellettuale qual è scrive su quotidiani, è stato più volte chiamato per lexio magistralis in varie università, e libero di spandere le sue idee.
Sicuri, i dotti, che avesse comunque preso le distanze dalla sua creatura, che avesse capito che non è attraverso l’ odio, le uccisioni, la violenza che si potevano modificare, migliorare le cose, ma quella folla urlante al funerale di Gallinari ha dimostrato che si erano sbagliati, cha il pensiero era sempre lo stesso, che le brigate rosse, almeno negli animi, non sono morte. Che il passato non è stato sepolto, almeno per loro. Spero che le loro vittime che sono sopravvissute, che i parenti di quelli che sono morti non abbiano assistito alle immagini che qualche Tg ha diffuso, loro non hanno mai ottenuto giustizia. Al di la di qualche sterile commemorazione, al di la di poche vuote parole non è a loro che è andata la simpatia dei dotti, dei molti intellettuali che credono di volare alti e che invece, come Curcio, non sono altro che cattivi maestri.
Guardiamoci da loro!
Ero una bimba quando successe, eppure ricordo ancora i Tg, lo sconcerto, la paura di quei giorni, di quei mesi.
Il tuo post mi ha colpito molto, nonostante il passare degli anni, il fatto che non si siano pentiti mai, mi turba molto. Il tempo dicono che insegna, ma in questo caso si sbagliano alla grande, loro non hanno capito, o forse si e ne sono fieri, il che rende il tutto ancora più triste.
questo paese odia la memoria ed è molto anche per questo motivo che va così male. si vorrebbero dedicare vie ai morti in latitanza, si vorrebbero eleggere persone – di tutte le parti – che nella migliore delle ipotesi non ha fatto nulla per far funzionare meglio il paese. e chi non ricorda è condannato a rivivere il passato. amen
Dissento completamente dall’articolo. Pentirsi non ha senso,se non compiere l’infame gesto della delazione e di tradire coloro che in te ripongono fiducia. Il pentimento è tipico della morale cattolica,ma nessuno può rinnegare le proprie azioni, per il semplice motivo che esse sono state compiute e il passato è immodificabile. Per qualcuno Gallinari può essere stato un assassino, ma la sua figura giganteggia rispetto a ben altri assassini e corrotti che governano questo nostro sciagurato paese. Mi viene da pensare, ad esempio, al dialogo intercettato tra Gratteri( noto per le vicende di Genova) e il prefetto dell’Aquila, ove questa signora , importante funzionario e “servitore” dello stato, si vanta di avere finto commozione per le vittime del terremoto e ride. Di questi personaggi si dovrebbe avere pietà?
Gianni, sicuro di aver letto bene l’articolo???
In ogni caso, mi piace sempre di più questo sito… opinioni diverse per tirare fuori in noi la voglia di replicare e di dire la nostra. ci state riuscendo.