Ultima modifica 28 Aprile 2021
L’esperienza della gravidanza in una donna è qualcosa di unico e irripetibile.
Al di là dei cambiamenti fisici, tale periodo porta ad acquisire una nuova consapevolezza, se non addirittura un rinnovato assetto mentale.
Come fa notare tra gli altri lo psicologo americano Daniel Stern,
Dunque, si può affermare che alla nascita del bambino coincide la “nascita psicologica della madre.” Su questo tema si è detto e scritto tantissimo. Probabilmente molte di voi lettrici avranno avuto modo di sentire qualcosa a riguardo nei corsi pre-parto a cui avete preso parte.
Molto meno si è detto sulla “nascita psicologica del padre.
Si può dire che questo tema sia una sorta di terra ancora da esplorare del tutto.
Senza volere essere esaustivo, vorrei qui proporre alcune brevi riflessioni a riguardo.
La prima, molto banale, è che il fatto che la biologia non permette al futuro padre di vivere l’esperienza della gravidanza in prima persona, “sulla propria pelle”, implica che egli arrivi in ritardo rispetto alla compagna nel sentirsi pienamente genitore.
In pratica, spesso accade che il senso dell’essere padre compaia a seguito della nascita.
Ovvero quando il bambino è sotto gli occhi di tutti.
Ciò significa che solo con la nascita del figlio il neo-padre possa iniziare a formare il suo nuovo assetto mentale.
La seconda riflessione potrebbe avere come titolo “e adesso cosa faccio? Come mi muovo?” Ovviamente, questa preoccupazione è condivisa con la compagna in quanto l’arrivo di un figlio implica una ridefinizione delle relazioni di coppia e un apprendimento di nuove pratiche e routine.
Tuttavia, nel padre può entrare un vissuto di esclusione, dato il legame strettissimo tra madre e bambino nelle prime fasi dello sviluppo.
La terza riflessione porta a interrogarsi su quale ruolo deve assumere il padre all’interno della famiglia ora ridefinita.
Ciò porta inevitabilmente a interrogarsi e a confrontarsi, spesso in modo inconsapevole, su che tipo di figlio sia stato. Su quale sia stato il modello genitoriale in base al quale è stato educato e se tale modello sia o meno congeniale al suo modo di essere e alla sua famiglia.
La quarta riflessione riguarda il come riuscire a svolgere il ruolo di padre senza diventare da una parte un surrogato della madre (il famigerato “mammo”) e dall’altra un pater familias tradizionale, che delega tutte le cure del figlio alla madre.
Si noti come questo punto abbia a che fare con la tematica più ampia della ridefinizione della famiglia e dei ruoli maschili e femminili.
La quinta e ultima (per me, ovviamente!) riflessione concerne come riuscire a vivere la vita di coppia dopo un cambiamento così radicale come la nascita di un figlio.
Qui il neo-padre si ritrova ad affrontare questioni relative non solo ai sentimenti che prova verso la compagna (ora neo-madre) ma anche all’attrazione fisica e sessuale verso quest’ultima, il cui corpo è stato provato dalla gravidanza.
Insomma, così come diventare madri, diventare padri sembra richiedere un esercizio di equilibrismo piuttosto faticoso, almeno all’inizio!
Al momento, non pare esistere una ricetta, una formula o un manuale che possano offrire una soluzione a tutte queste problematiche. Tuttavia, non è detto che questa sia una sfortuna. Così come diventare madri, anche diventare padri richiede uno sforzo di immaginazione e di creatività che possono rendere il tutto piuttosto divertente (al netto di una grande fatica!).