Ultima modifica 18 Giugno 2018
“Questo bambino non vuole proprio arrivare!”. Queste sono le parole di Iris, alla ricerca di una gravidanza da circa un anno, ad oggi alle prese con lo sconforto, la rabbia, l’impotenza legate a ciò.
Ogni gravidanza è unica. A volte la cicogna arriva subito, altre volte si fa attendere. In questo secondo caso, una donna potrebbe scontrarsi con ansie e preoccupazioni profonde.
In primis, se questo bambino non arriva, una donna potrebbe pensare di non essere una buona madre, capace di dar vita ad una creatura e occuparsi di lei.
Una convinzione simile potrebbe radicarsi dentro le fantasie inconsce della mente e autoalimentarsi dell’assenza reale del bambino stesso.
Winnicott, illustre pedietra e psicoanalista, parla di una madre “sufficientemente buona“ per il suo bambino, ovvero in grado di occuparsi di lui in modo sufficiente.
Ma come fa una donna a soddisfare questo standard?
Come si crea la stima di sé come madre?
Per rispondere a questa riflessione, dobbiamo fare un passo nella generazione precedente per passare da Iris alla sua mamma.
Vi racconto la sua storia.
Iris, che oggi ha 36 anni, e che tempo fa è stata una bambina.
È stata accudita dai suoi genitori e, in particolare, dalla nascita e nella primissima infanzia, ha potuto godere delle cure della sua mamma in modo esclusivo.
La sua mamma era sempre presente, forse troppo in alcuni momenti.
Iris è cresciuta, passando da una tappa di sviluppo all’altra, senza troppe difficoltà, se non quella di sentirsi molto dipendente e, forse, ancora un po’ piccola.
Ha sempre conservato dentro di sé una parte infantile molto accentuata.
Anche da adulta, ad esempio, non ha mai goduto di una reale indipendenza né lavorativa né affettiva.
Ha sempre sentito dentro di sé il forte bisogno di un altro accanto, di qualcuno che si prendesse cura di lei, che la amasse in modo esclusivo.
Ripetendo, in tal modo, l’accudimento materno ricevuto.
Ha avuto fortuna in questo, poiché ha trovato una persona che si incastrava perfettamente con queste sue esigenze.
La difficoltà è arrivata al momento della decisione di diventare lei stessa madre.
Intrappolata tra il desiderio di esserlo e la paura, inconscia, di diventarlo, ha dato vita ad un corto circuito emotivo interno. Che ha bloccato la naturalezza della creazione.
Mettersi nei panni di “madre“, assumere una nuova identità, più adulta, indipendente, affettivamente matura, si è scontrato con i suoi bisogni più infantili di figlia. Con il desiderio inconscio di restare piccola, affettivamente dipendente dall’altro.
Il prezzo da pagare per Iris era troppo, ovvero quello di perdere i privilegi dell’accudimento, per offrire lei stessa accudimento all’altro, al proprio bambino.
Questo pensiero, che origina nella sua mente, ha bloccato il processo della gravidanza, nel suo corpo, per diverso tempo. E questo bambino non arrivava.
Solo la consapevolezza di un attrito interno di pensieri e vissuti ha fatto sì che si sbloccasse il nodo che si era creato.