Ultima modifica 10 Ottobre 2019
Esattamente poco più di tre anni fa, sedevo su una panchina fronte lago Jinji e mi domandavo se era davvero il caso di buttarmi in questa avventura cinese.
Era il 2 giugno 2011 ed io e mio marito, raccogliendo l’invito dell’azienda, venimmo a vedere come funzionava il tutto prima di accettare o rifiutare. Venimmo da soli a Suzhou per una settimana, durante la quale visitammo appartamenti, scuole internazionali e ispezionammo per quanto possibile, varie zone di Suzhou.
Lo scopo di questo primo viaggio in Cina era appunto quello di riuscire quantomeno ad immaginarsela la nostra vita da Expat prima dire si o no. Mio marito conosceva già questa parte di Cina, ma per me era tutto nuovo e ammetto che inizialmente l’idea del trasferimento non mi entusiasmava molto.
Il contratto inizialmente parlava di due anni di trasferimento e benché in molti mi dicevano che il tempo passa molto velocemente, io ero più dell’opinione che quando non si sta bene in un luogo, il tempo può passare anche inesorabilmente lento.
Seduta a contemplare il lago tre anni fa, al termine della settimana di perlustrazione, pensavo e ripensavo ai pro e ai contro. Mille domande e mille dubbi mi tormentavano e, nonostante quel poco che avevo visto di Suzhou mi piacesse molto, proprio non riuscivo a trovare dentro di me la serenità per entusiasmarmi a questo grande cambiamento. Mi sembrava tutto molto difficile e da mamma avevo paura che il trauma per i bambini fosse eccessivo……
Oggi mi ritrovo nello stesso luogo e sulla stessa panchina con un animo completamente diverso: sono felice.
Questa esperienza é stata la più grande, meravigliosa e completa che noi 4 abbiamo mai fatto insieme. Gli anni sono diventati tre perché abbiamo volontariamente deciso di stare un altro anno. I bambini sono cresciuti lontani da nonni e cugini é vero ma hanno visto, imparato e toccato con mano che cosa vuol dire vivere in una comunità internazionale e che cosa
si intende realmente per diversità culturale. Grazie alla loro scuola e alla loro vita qui, hanno sicuramente imparato ad aprire la loro mente, a capire e tollerare le diversità come un arricchimento e una conoscenza.
Tutti e 4 abbiamo imparato a comunicare in una lingua che non é la nostra e a parte mio marito che poteva già vantarsene prima, ora anche noi tre possiamo dire che conosciamo l’ inglese internazionale…. Qual é?…. Quello che ti fa riconoscere un inglese da uno scozzese, un americano del nord da uno del sud , un australiano da un neozelandese, quello che ti mette alla prova ogni giorno e che ogni giorno ti arricchisce.
Tutti e quattro abbiamo fatto del nostro meglio per onorare e rispettare una nazione e una popolazione, quella Cinese, che per tre anni ci ha “coccolato” con le sue tradizioni e la sua cultura millenaria facendoci sempre sentire i benvenuti. Fare l’Expat in questa parte di Cina é stato abbastanza facile. La gentilezza e la pazienza della gente comune ha sopperito alle nostre tremende lacune in mandarino, il rispetto della loro quotidianità e delle loro “normalità” ci ha aiutato ad essere sempre rispettati.
Le prossime due settimane qui saranno le ultime, siamo tutti molto eccitati all’idea di tornare a casa ma, ciò nonostante, non possiamo non pensare a ciò che lasciamo qui.
In un certo senso è come ricominciare una nuova avventura, l’Italia che abbiamo lasciato non invogliava certo al rientro ma quando si vive lontano bisogna sempre fare i conti con tanti altri fattori e alla fine per noi Italia é uguale a casa .
In tanti mi chiedono cosa mi mancherà della Cina e la risposta non è un mero elenco di cose, ma un elenco di sensazioni e di quotidianità. Mi mancherà essere l’Italiana del gruppo, a casa siamo tutti Italiani attenti alle nostre disgrazie interne, qui sei solo apprezzata per le belle cose che l’Italia offre al mondo. Mi mancherà la cordialità dei Cinesi al mio mercato rionale che per tre anni si sono prodigati per comunicare con me nonostante la mia vergognosa attitudine alla loro lingua.
Mi mancherà la semplicità con cui qui si sviluppano amicizie e ci si trova inseriti in un gruppo. Mi mancheranno le celebrazioni di festività lontane dalla nostra cultura e soprattutto mi mancherà la possibilità di partecipare alla vita scolastica dei miei figli nel modo in cui ho potuto fare in questa splendida scuola.
I “farewell party” sono giá iniziati e devo ammettere che un velo di tristezza quest’anno accompagna questo fine anno scolastico.
Daniela Marzari