Ultima modifica 17 Aprile 2015
Le ragazze della redazione hanno avuto un’ idea geniale, cioe’ di chiedere a tutti di recensire locali e ristoranti. Io voglio fare l’introduzione al nuovo che avanza. Logico che l’occasione, per la maggior parte di noi uomini che ci sentiamo oltre che politologi, sociologi, meteorologi e allenatori di calcio, anche grandi chef, non pare vero di avere spazio per recensire un determinato locale. Ma non vuole e non deve essere un doppione della Guida Michelin, del Gambero Rosso o il Mangiarozzo di Carlo Cambi, quest’ultima unica vera bibbia culinaria non prezzolata.
Il compito sembra arduo, ma non e’, atteso che all’utente si chiede solo di capire si mangia bene/ si mangia male/costa tanto/costa poco. La ristorazione italiana e’ sicuramente la migliore al mondo, pur consci che come cucina la mamma e la moglie non c’e’ chef che tenga, dato che oramai il palato e’ tarato su sapori familiari- anche quando fa schifo- e quindi si disprezzano le novita’ o presunte tali.
Ma l’attacco alla baionetta ad un menu’ con scritto pan bagnato all’uso contadino condito con olio extra vergine d’oliva in trionfo di verdure estive solo per definire tale piatto la “panzanella”,mi lascia intendere che siamo di fronte a qualcuno che e’ veramente disturbato. Con la differenza che scritto in tale modo costa 15,00 euro, quando il costo reale sarà di 2,50.
Allora ci si rifugia nella cucina molecolare, ove la quantita’ di cibo da gustare e’ inversamente proporzionale al prezzo pagato. Per sintetizzare, meno c’e’ sul piatto e piu’ costa.
Ma la vera distinzione in certi ambienti, dove i bambini sono malamente ammessi e il cameriere di turno vorrebbe santificare Erode, sta nella carta dei vini. Lì , tra l’altro si capisce il censo sociale di chi si trova sulla linea del Piave che e’ solo decidere se indossare il tovagliolo intorno al collo o poggiarlo sulle ginocchia come d’obbligo. Spesso ci si ritrova con tavoli di ente che, millantando di essere di sinistra, davanti ad una bottiglia di vino rosso da 60,00 euro versato con lentezza inumana in bicchieri Riedel, parlano delle giuste lotte operaie. Di converso, i camerati finiscono la cena – ove l’ambiente lo permette- con sonore gare di rutti.
Certi ambienti poi, sono terrificanti gia’ per come sono apparecchiate le tavole, 12 forchette, 12 coltelli, 3 cucchiai, due cucchiaini, 6 bicchieri per ogni tipo di vino e di acqua, con il risultato che poi l’avventore, per non fare casino, beve sempre sullo stesso e inizia a mangiare con la forchetta sbagliata sotto lo sguardo fulminante del cameriere, se non della moglie che ha l’espressione che dice, rivolta verso gli altri , “non lo conosco”. Se poi arriva anche il sommelier, la faccenda si fa drammatica, anche perche’ notoriamente gli Italiani esprimono solo tre concetti: buono/cattivo/sa di tappo.
Ma in quest’ultimo caso, se lo bevono ugualmente nel terrore, se richiesto di essere cambiato, di pagarlo due volte, facendo diventare la gita, da eno- gastronomica in gastro-intestinale. Il sommelier dice sempre le stesse cose: bouquet di fiori con prevalenza di vaniglia tannica, un leggero retrogusto di ciliegia e di pesca , una punta di aspro di tamarindo,bevendosene tra l’altro un intero bicchiere che corrisponde su per giu’ a 5,00 euro che si vorrebbe defalcare dal conto finale. Nei vini poi, il più delle volte, cambia solo l’etichetta. E allora, per vendetta, ordineresti il Tavernello per vedere stramazzare al suolo il sommelier .
Auguriamo quindi buon lavoro a tutti.