Ultima modifica 14 Ottobre 2019
Eccolo. Ennesimo caso in cui errori umani che non dovrebbero accadere possono causare gravi problemi ad altri. Una donna ha richiesto con il suo compagno un donatore di sperma. Ne è stata concepita una bambina. Che non è venuta però dallo sperma del donatore scelto dalla coppia ma da un altro. Già in questo modo si potrebbe discutere di come sia grave l’inefficienza della struttura che ha scambiato le provette. Ma la faccenda si complica. Ed entrano in gioco due parole da sempre troppo agli antipodi. bianco e nero. La coppia richiedente è bianca e la bambina che ne è nata è nera. La donna ha fatto causa alla struttura in questione.
Via via che leggevo l’articolo da cui ho preso sputo per il pezzo, dentro di me pensavo…Ti prego fa che non continui dicendo “ La donna vuole restituire o abbandonare la bambina”. Ma no. Niente del genere. La donna la bambina la tiene con se. Ha già due anni e sarebbe stato terribile per la creatura innocente pagare per un errore di provette di cui lei certo non ha nessuna colpa. La donna dice che con la causa vuole evitare che accada ad altre donne. E per principio lo trovo giusto.
Fin qui ci sarebbe poco altro da aggiungere. Ma poi mi dico. Eccetto il voler punire la mancanza del personale medico il problema è che è nera. Perché se fosse stata scambiata provetta ma con un altro uomo bianco forse non ci sarebbe nessuna causa in corso. Forse sono maligna io ma non credo. La donna dice di vivere in una comunità chiusa, arretrata e che le loro stesse famiglie faticano ad accettare la bambina.
Trovo giusto, ripeto, fare causa. Ma vorrei fosse possibile (non me ne intendo magari si può?) far causa per inettitudine familiare e sociale la loro famiglia e la comunità in cui vivono (ma si possono sempre abbandonare entrambe…o ancora meglio fregarsene di entrambe…). Sì, c’è stato un errore. E quando si sbaglia bisogna che il colpevole paghi. Ma al di la di questo perché la bambina non dovrebbe essere ben accetta? Perché vige il razzismo. Celato dietro vari sproloqui mascherati come inevitabili dietro l’ingiustizie sociali che a volte accadono quando si parla di bianche e di neri. Sì, non viviamo in una società sempre giusta. Ma quando si parla di bianco e nero ci si dimentica la storia. Una storia che parla di un sopruso della razza bianca su quella nera ( rossa e via coi i colori ) da sempre. E che continua sotto altre e svariate forme ancora oggi.
Oggi se dici “negro”, se dici prima pensiamo a noi e poi ai negri, agli immigrati, ai clandestini, ai rifugiati, ai marocchini, rom, zingazi, etc. sei uno che lotta. Ah sì. Uno che è stufo e che dice basta. Ognuno a casa sua. Ma poi son gli stessi che le pulizie di casa magari le fanno fare, in nero, alla moldava di turno. Che vanno in chiesa la domenica ma sputano sentenze. Tutta faccia di indignazione e poca sostanza.
Io di questo sono stufa marcia. Vorrei non sentire prima noi poi altri. Vorrei sentire. Tutti quelli che possiamo aiutare. In egual misura. E chi se ne frega da dove vengono. E soprattutto smettiamola di etichettare buonisti quelli che si rifiutano a loro volta di etichettare le persone per razza o religione. Ma che vedono davanti a sé solo persone. Per ogni razza o religione esistono cose buone e cattive. Come in ognuno di noi. La vera lotta da fare sarebbe contro il modo di pensare razzista della famiglia della coppia e della stupida piccola cittadina dove vivono. Spero che la donna in questione faccia anche questo. Fregandosene bellamente per quanto molto molto difficile. E mandando al diavolo chiunque discrimini sua figlia solo perché il suo faccino non è color latte.
Il mondo lo fanno le persone. Ogni persona nel suo piccolo. Basta generalizzare, sputare odio e veleno. Proviamo a cambiarlo il mondo. Partendo dalle nostre vite.
Nathalie Scopelliti