Ultima modifica 20 Aprile 2015
Due notizie diverse eppure uguali: la prima è quella di una donna, una mamma, che sbotta: non ho allattato, e allora?
La seconda è quella di una donna che racconta le peripezie di una coppia che ha scelto di non avere figli.
Entrambe lamentano l’atteggiamento degli altri, dei loro giudizi, espressi o meno, del loro stupore, del loro guardarle con diffidenza, quando non di aperto biasimo.
Loro sono convinte di aver preso le giuste decisioni e lo ripetono.
La prima assicura di aver seguito il proprio io, di aver agito per il meglio, per se stessa, per come pensa, per come si sente. Nel suo percorso di vita non c’era posto per l’allattamento, e non tanto per il tempo che avrebbe perso, per gli obblighi conseguenti, ma per non alterare la linea perfetta del suo seno, per salvaguardare la sua linea, per continuare a sentirsi bene.
Già la gravidanza e il parto hanno modificato il suo corpo, ma avere un figlio era troppo importante e il ricorso a madri surrogate non era neppure da prendere in considerazione, ma l’allattamento!
Via non è indispensabile, ci sono tanti latti artificiali, soluzioni alternative perfette all’allattamento materno, forse non il più economico, ma certamente più semplice e facile e, soprattutto, meno distruttivo (pensa lei) per sé, per il suo corpo.
La seconda rivendica l’assoluta priorità del lavoro che svolge, troppo delicato, troppo importante, troppo coinvolgente e tale da assorbire buona parte del suo tempo, troppo per pensare ad avere un figlio.
In fin dei conti l’importante è la coppia, dedicare il poco tempo a disposizione a se stessa e al proprio partner è essenziale, non resta nulla da dedicare ad una terza persona, figurarsi ad un bambino che ha bisogno di cure, di attenzioni, di essere accolto e guidato sempre, ma soprattutto nei suoi primi passi nel mondo.
Non si parla, quindi di impossibilità ad allattare o a generare, si tratta di scelte personali, personalissime, guidate da un fondamentale egoismo, dall’amore per sé stesse, di quello che conoscono, di quello a cui sono abituate e non cercano altre emozioni, non le vogliono, le scartano e…non sanno di che cosa si privano.
Eh si, non sanno cosa si prova quando si porta per 9 mesi un figlio nel proprio ventre, non conosceranno mai la gioia che si prova nel vedere per la prima volta il suo volto, nello stringerlo tra le braccia, nel sentirlo succhiare beatamente. Non lo sanno e non lo vogliono sapere, ma, in fin dei conti sono affari loro.
Che cosa importa agli altri che una mamma allatti o che una copia non voglia avere figli?
Nulla, io credo, ma…
Ma io non penso che accoglierei volentieri nella mia cerchia di amici persone così egoiste.
Non certo una mamma che pospone il benessere di suo figlio, perché il latte materno è molto importante per lui, a volte addirittura vitale, alla sua estetica, alla sua linea, chiaramente è una persona che preferisce apparire all’essere, e, come tale non potrà mai essere una mia amica.
Non certo una coppia che ha scelto di non aver figli nascondendosi dietro le problematiche del lavoro, di un lavoro importante, per loro, ma che è espressione di un egoismo totale, una scelta che, non condividendola, preclude loro la possibilità di entrare nel mio cerchio di amicizie.
Sono persone che non mi piacciono, non condivido le loro scelte, le loro priorità, ma fatti loro.
Sono diversi, assumono scelte differenti dalla maggior parte della popolazione, scelte importanti, non marginali, e si sentono discriminati? Perché?
Perchè altri non condividono la loro scelta?
Perché pensano che il loro percorso sia reso difficile dalla stessa?
Hanno mai pensato a quanti ostacoli trova sulla sua strada una donna che lavora e ha figli?
Hanno la minima percezione di quanto sia difficile trovare il tempo per allattare, trovare un nido decente, portarli a spasso, salire su di un mezzo pubblico e trovare un po’ di tempo per sé, indispensabile per la propria salute?
Nooooooo?
Nonna Lí