Ultima modifica 17 Giugno 2023
Una scheda di valutazione è un documento e non è sicuramente un punto di vista personale.
Sta all’insegnante e al genitore avere per questo documento la giusta percezione, che poi viene trasmessa, volenti o nolenti, ai nostri figli e studenti.
Non voglio rifare i soliti discorsi.
Ogni anno anche a me viene l’incontenibile desiderio di ordinare su Amazon il famoso timbro del grande maestro Manzi “Fa quel che può, quel che non può, non fa”, ma io i voti devo metterli.
E’ durissima sempre, perché una scuola inclusiva che valuta con i numeri è una contraddizione in termini.
Ma, ripeto, io devo dare voti e il mio compito è assegnarli in modo che siano fedeli alla mia realtà didattica.
Ecco, ragioniamo su questo punto: noi dobbiamo dare un numero ad ogni traguardo raggiunto o quasi raggiunto.
Non diamo voti alla persona, ma alla sua capacità di apprendere quella competenza in quel momento.
Non dovrebbe esistere il voto. Ma dal momento che per legge dobbiamo darne e riceverne, che sia almeno compreso bene e non interpretato a seconda dell’umore dell’insegnante o del genitore.
Non diamogli un valore filosofico o psicologico che non ha, né tanto meno immaginiamo un baratro dietro a quel numero.
Non è proprio il caso.
Una valutazione nella sua essenza è un fatto educativo che deve avere un volto costruttivo. Ci deve essere chi la fa bene, chi la capisce per il suo verso reale e chi riesce a renderla trasparente ai bambini, per quello che è.
Per cominciare, il mio voto in matematica non è il voto di Italian’s got talent da applaudire o non gradire.
Il mio voto si inserisce con estremo rispetto in un processo sempre in divenire e vuole fotografare quel momento dell’apprendimento che potrebbe crescere o calare in seguito.
E’ mio dovere cercare le cause di un calo e trovare e suggerire piccole e sicuramente parziali soluzioni da comunicare a bambini e genitori (se possono intervenire).
Insomma, valutare non è piazzare crocette ma riflessione continua e possibilmente condivisa.
E’ il risultato del lavoro quotidianamente serio per tutti, difficile per tutti, fatto di almeno 15 obiettivi che coprono la sfera logica, di calcolo, di risoluzione del problema, di ascolto, di gestione e cura del lavoro personale, della capacità di lavorare in gruppo accettando le idee degli altri.
Difficile dare un voto? Sì.
Un insegnante vede i passi in avanti, grandi o piccoli, nota i blocchi momentanei e le ripartenze faticose. Nota i momenti di crisi che inevitabilmente fanno ombra al periodo di apprendimento.
Sganciare il giudizio dal processo di crescita scolastica e mirarlo a “sei bravo in matematica” o “la matematica non è la tua materia” è svilente per l’insegnante che lo dice (se lo dice) e anche per il bambino. No?
Tutti sappiamo bene che la vita per fortuna o purtroppo non segue piani e ci spinge a diventare esperti di cose sconosciute. Teniamolo presente quando insegniamo o cresciamo figli.
Gli unici “Giudizi universali” che passo e che adoro sono quelli di Samuele Bersani.
Alla luce di tutto ciò, se poi un voto mi acquista valore fuori dalla scuola, solo per confronto con quelli degli altri o, peggio ancora, per confronto con le aspettative genitoriali, non ce la possiamo prendere se un bambino cresce lavorando solo per “superare” o “accontentare” e non per il gusto di crescere nella conoscenza.
Avete mai riflettuto su questo?
Quanto può essere pericoloso far dipendere da qualcosa di esterno al bambino la sua crescita culturale e quanto è poco stabile e costante?
Spesso è importante far riflettere lo stesso bambino sulla sua soddisfazione profonda per quanto ha fatto, invece di dire semplicemente “Bravissimo“. “Tu sei contento i ciò che hai fatto?” potrebbe essere un buon esercizio quotidiano cercando sempre di portarlo all’oggettività. E’ importante.
Dobbiamo renderli forti, consapevoli, non “campioni” inconsapevoli (esposti a grosse musate) e rispondenti al nostro ideale. Guardiamoli per ciò che sono.
Il confronto con gli altri è già importante in classe ed un insegnante lavora e stralavora per renderlo positivo.
Poi se fuori tutto si sgretola…
Uno spunto di riflessione seria per comportarci di conseguenza.
La coerenza e le poche parole sono grandi valori nel nostro tempo e i bambini apprezzano entrambi.
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