Ultima modifica 17 Giugno 2023

Un filo invisibile.
Un filo che non avrà dimensioni, ma dovrà avere un’intensità utile.
Un filo fatto di pensieri connessi, che dovrà sempre avere tensione verso un punto comune.

Ecco la nostra sfida da insegnanti: cercare in ogni modo di tenerli “vicini di pensiero”, perché vicini non potranno essere.
Studiare punti di interesse, di motivazione che li portino ogni giorno a costruire e, soprattutto, a scoprire, “distraendoli” dal fatto che non potranno viversi la scuola come si poteva un anno fa.

Piccola digressione utile.
Ho seguito notizie, ordinanze, interviste e commenti relativi sull’argomento scuola per tutta l’estate e mi sono fatta un’idea che in fondo in fondo non avevo mai accettato: ci sono insegnanti che criticano a prescindere e invocano il “ChesifaccialaDAD!!”, e poi ci sono insegnanti che pensano a cosa fare per riuscire a insegnare, cercando da mesi soluzioni per minimizzare i rischi per se stessi e soprattutto per i bambini, lavorando per realizzare qualcosa di bello, comunque e nonostante tutto. Se lo meritano no?
Noi, fondamentalmente, dobbiamo insegnare.

scuola

In sicurezza, sì. Quella possibile, nel senso che il rischio zero non esiste.

Io che pensavo di essere al sicuro al supermercato, per dire, finché la signora provvista di mascherina nasoboccamento ha tastato una per una 3-4 pesche, senza guanti, con la giustificazione Ma io signora ho messo il gel all’ingresso firmata dal genitore, senza poi prenderle.

Mi metto nella seconda schiera, quella che, invece di pensare alla paura, pensa a come fare scuola cercando un compromesso.

Mi rifiuto, come sempre, di fare una didattica del libro e delle schede.

Allergia ai bambini con la testa bassa a scrivere? Forse sì.
Voglio vedere occhi che pensano… dopo si scrive anche.
Non posso mica annullare i tanti anni passati a costruire il “pensare insieme”, la connessione delle idee, l’imparare dagli altri, il condividere la propria ricchezza mentale senza gelosia.
Ricordi lontani quelli in cui eravamo tutti seduti spalla a spalla, quando andava bene… a volte spalla a ginocchio a piede a testa:
“Maé mi sta salendo sopra…e mica sono un cuscino iooo!”
“Ma dai togliti da lì, su che gli fai male!”
“Ahiai uhh ah… era meglio che stavi sopra allora” #quandolasoluzioneèpeggiodelproblema
Ricordi lontani.

Solo quello “STARE” era per loro motivo di attenzione in libertà.

Un tappeto nel mezzo era l’oggetto traghettante verso un’attività collettiva, fondamentalmente di ascolto dell’altro. Come si lanciavano intorno a quel tappeto.
Io e la mia collega l’abbiamo fatto ogni giorno: tutti in cerchio ad ascoltare e pensare. Credo sia stato un motore fondamentale per crescerli come sono cresciuti poi: forse un po’ troppo liberi… ma non hanno mai smesso di entusiasmarsi al pensiero di dover pensare.
E non si può mica buttare tutto alle ortiche. NO.

Tutta l’estate che ci penso: come facciamo se dovranno stare molto tempo seduti al banco?

Non ci giriamo intorno: in prima primaria il distanziamento può avvenire solo se stanno ai loro posti e far stare ai loro posti dei bambini di 5 anni e mezzo/ 6 non è gratuito.
Li pagheremo.
Ok, scherziamo, almeno si ride un po’: la vita scolastica senza ironia, muore.
Non butteremo tutto alle ortiche: il mio pensiero e la mia prima esigenza la voglio dire alle famiglie che, avendo vissuto sulla propria pelle la Didattica a distanza, sanno cosa vuol dire la motivazione che spinge a lavorare: più che in altri anni i genitori o i nonni o i/le babysitter ci potranno aiutare osservando, attraverso il racconto e il quaderno, ciò che viene lavorato a scuola, perché per un bambino la spinta maggiore consiste nella curiosità personale e nell’interesse dei familiari.

A scuola, invece, prenderei come immagine guida il puzzle, metafora del prodotto di un percorso collettivo: ogni attività dovrà mirare alla costruzione di un “oggetto” di classe che si dovrà per forza modulare dal materiale al mentale, soprattutto in prima, perché sono piccini e trovano soddisfazione nel vedere e nel costruire fisicamente.
Per i bambini la partecipazione ad un prodotto comune, l’azione del “mettere il proprio pezzettino”, è qualcosa che motiva.
Lo faranno ovviamente alzandosi dal banco secondo il turno, uno alla voltaaaaaa ahahaha vi viene da ridere… pure a me, ma ce la faremo, perché gli insegnanti hanno i loro segreti, uh se ce l’hanno!
All’inizio può essere un cartellone, una costruzione Lego, un’ immagine risultante dai singoli origami, una composizione di forme tagliate a costruire un personaggio-mascotte… poi, lentamente e cercando proprio il loro sentire, stimolarli a risolvere un problema insieme, ma non solo matematico.

Potrebbe anche essere: come possiamo uscire, distanziati, ma senza perderci, se non possiamo prenderci per mano né toccarci?

Per farlo, non è necessario essere fisicamente vicini di testa… è necessario essere “vicini di ascolto”, “vicini di intenti”.
Farceli arrivare spetta a noi.
Vedremo di innescare il meccanismo sempre positivo del contributo personale e del “nessuno escluso”, perché ogni goccia serve…altrimenti il mare non esisterebbe.

Ecco il filo invisibile di cui parlavo.
In fondo con le mie colleghe l’abbiamo sempre fatto.

Il tutto era più libero e fisico, ma riusciremo lo stesso, in qualche modo.

Basta sedie con le rotelle, basta pensare a cosa devo fare se un bambino ha sintomi sospetti (ché poi esce fuori che è ciò che ho sempre fatto!), basta con le critiche per partito preso. Mi hanno solo tolto tempo per pensare al mio lavoro.
Secondo me pretendiamo troppe certezze che nessuno ci darà.
O meglio, solo la responsabilità personale ci conferirà un po’ del potere di Grayskull… la nostra e quella dei genitori.
Scuola e famiglia.
Se non vogliamo tornare alla DAD… stiamoci con il cuore e con la testa.
Aiutiamoci ogni giorno.
Io riparto così.

Volevo fare l’archeologa… invece sono moglie, mamma, sorella e maestra e per me è più che sufficiente, anzi, ottimo. Sono una donna “orgogliosamente media”, ma decisamente realizzata, che non si annoia neanche un po’…

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