Ultima modifica 5 Novembre 2019
Ogni tanto rileggo quello che scrivo.
Scrivo sul rapporto con i bambini, scrivo di come imparano, scrivo delle difficoltà in classe.
Scrivo del cuore e del senso o di ciò che dovrebbe esserlo.
Ma quando esco da scuola e guardo a freddo la mia professione, lontana da bambini e genitori, c’è tutto il peso di un lavoro dai limiti sfumati, che viene considerato solo a parole e spesso neanche edificanti.
Perché?
Perché sono anni che nascono paladini di una scuola nuova, ma la scuola è sempre lì: banchi e sedie degli anni ’70 (-20), palestre non-palestre, giardini non-giardini, dematerializzazione non-dematerializzazione (alias doppio lavoro per segreterie e insegnanti), coding non-coding, aziende non-aziende…. tutto non-tutto.
Se tutto è complicato, se tutto è macchinoso, se tutto spesso non torna… (proviamo a fare il percorso dal basso) è:
-colpa degli insegnanti?
-colpa dei dirigenti?
-colpa degli uffici scolastici?
-colpa di chi fa le norme?
-colpa di chi fa le norme senza pensare a tempi-modi-risorse umane-risorse economiche-scorte di valium?
La scuola poggia sul buonsenso e questa è l’unica verità da un sacco di tempo.
Buonsenso: una parola così banale, quasi crocerosseggiante.
Nooo, ma è solo flessibilità.
Quella che devi avere oggi nel mondo del lavoro, dai.
Il balletto di colleghi intorno, da settembre (di quale anno non stiamo a dire, dai…), che quest’anno non ha risparmiato nemmeno dicembre.
Persone che vanno e vengono per necessità o per regolamento, perché gli è concesso da un sistema che, perdonatemi l’eufemismo, non funziona.
Se un insegnante di Trapani è costretto a stare 3 anni nella stessa scuola a 1200 km da casa e uno che lavora nella stessa città in cui vive può fare il balletto tra le scuole 2 mesi qua, 1 di là.
Ad ogni new entry, quindi, ci si trova a dover ricostruire il castello dei rapporti, degli incastri nel lavoro, degli orari smontati e rimontati, per giungere (un ironico dulcis in fundo) alle relazioni a singhiozzo con i bambini che nella persona adulta hanno il loro unico punto d’appoggio.
Buon senso doppio con ghiaccio.
Nooo, ma è solo flessibilità.
I dirigenti: giorni e giorni dedicati a scadenze di nomina rimandate, complicate dai ricorsi, situazioni problematiche da agevolare, equilibri da risistemare ogni settimana. Chiamate dirette con curriculum da leggere e verificare: essendo scelte che ricadono sui ragazzi, non sono una passeggiata.
Qualcuno che se ne va, avvisando il giorno stesso, pensando di essere un optional. Bene.
Chi volesse fare gli auguri di Natale ai propri studenti e chi volesse partecipare alle recite non ne ha più il tempo, per star dietro ad un valzer senza musica di intoppi, controlli fatti e subiti, riunioni.
Segreterie e uffici scolastici: riflettevo da insegnante tra me e me.
Concorso + esaurimento GAE + mobilità straordinaria + nuovi algoritmi per scoprire chi deve andare dove + ricorsi per inevitabili errori che si verificano quando viene messa troppa carne al fuoco.
Per un semplice segretario dell’USR il 2016, altro che anno bisestile.
Ma dai che è solo flessibilità.
Tutto ciò, quando la scuola c’è lo stesso tutti i giorni e i bambini entrano dalla porta,
non importa.
E’ solo, tutto, assolutamente dovuto e flessibilmente invisibile.
Però, a fine lettura dovreste avere le “competenze” per rispondere alle precedenti domande.
E il crocerosseggiante flessibile buonsenso della gente che lavora nella scuola (e che, per carità, farà sbagli come ogni essere vivente) sta lì a fare pure l’albero di Natale negli uffici e nei corridoi.
A me non importa delle lauree o meno dei ministri, sinceramente.
La competenza non si misura con i titoli.
Quello che mi interessa è avere un ministro che si consideri all’altezza, senza dover giustificare un infortunio lessicale. Un ministro che abbia il buon senso che si chiede ai lavoratori.
Ma, superando anche questo, mi preme che sulla scuola non si dicano più verità non-verità, che ci si guardi in faccia non a parole, che ci si consideri per ciò che si fa realmente e non per il numero di corsi di formazione, per lo sforzo che si richiede a insegnanti e impiegati, a dirigenti e collaboratori.
In questo modo i momenti difficili si affrontano con più motivazione e meno amarezza.
Buon Natale scuola e Buonsenso a te!