Ultima modifica 17 Giugno 2023
- L’USR (ex provveditorato) dell’Emilia Romagna ci ricorda in un comunicato che
“Il principio costituzionale della libertà di insegnamento fu inteso dai Costituenti come argine contro ogni dittatura.
Non può essere invocato per attivare interventi didattici che danneggiano i propri alunni non utilizzando tecniche didattiche, metodologie, strumenti, di provata efficacia: compito degli insegnanti è mettere in campo ogni possibile strategia e risorsa per favorire il successo scolastico dei propri allievi: a questo è destinata la libertà di insegnamento. “
USR E.R.
Ce lo ricorda perché forse è diventato necessario, se ogni tanto esce fuori un reazionario nostalgico della scuola anni ’40, peggio ancora se giornalista, che va ridimensionato.
Ecco che poi alcuni insegnanti, veramente affaticati dalla nostra epoca culturalmente ai minimi storici, pensano a “quant’era meglio prima, quando c’erano i ceci dietro la lavagna”. Uh, quanti nostalgici ci sono!
Ma bisogna reagire, convinti che i ragazzi sono il nostro lavoro e che la colpa della nostra delegittimazione non è la loro.
La capacità di cogliere gli stili personali di apprendimento dei nostri giovani è una competenza che agli insegnanti di sessant’anni fa non era richiesta, ma il maestro che si portava a casa, dopo scuola, gli alunni più in difficoltà era visto in modo diverso da quelli che davano bacchettate sulle mani. Era beatificato.
Ricordiamo tuttotutto… non solo quello che ci fa comodo.
Ci sono giornalisti, grandi espertoni di scuola, convinti che rialzare la cattedra di 15 cm serva a elevare la dignità docente (certo, io, alta 1,53 m starei molto meglio salendoci direttamente sopra, no?).
Io, invece, non potendola trascinare fuori dalla classe, ho risolto il problema trasformandola in armadio.
Ogni tanto, essendo per natura priva di scaffali, tracolla tutto ciò che ci metto sopra. Dettagli.
Certi giornalisti vorrebbero insegnare: li vedo, gli prudono le mani e vorrebbero farci un bel corso di formazione per rimettere la scuola al centro!!
Io li farei provare sul serio.
Cattedrona, buongiornone, silenzione… vorrei vederli all’opera.
Ecco, prima vorrei fargli vedere una scena senza cattedra.
La quarta primaria è un sacco dura.
Si imparano le moltiplicazioni a tre cifre con i decimali, le divisioni a due cifre.
Si impara ad operare con le frazioni e pure a calcolare perimetri ed aree. Pure senza cattedra rialzata eh.
Si impara anche a decodificare, e persino costruire, una statistica.
Bene, a questo proposito, ci prepariamo a festeggiare il nostro World Water Day il 22 marzo credendoci fino in fondo.
Impostiamo un peer to peer in tutta la scuola, con classi ad incrocio: prime con quinte, terze con seconde, quarte con scuola dell’infanzia.
Valerio, che ha espresso in ogni modo la sua noia per gli argomenti precedenti, Valerio che ha imparato tutto, ma con estrema sonnolenza misto a fastidio, l’altro giorno si è risvegliato proprio come una gemma a primavera.
Quando ha scoperto di poter costruire, progettare, creare, si è ripreso dal suo torpore ed ha tirato fuori il meglio di sé, con una luce diversa negli occhi.
Non so se riuscite a capire.
Non so nemmeno se sono riuscita a spiegarmi.
I bambini, tutti, hanno un’anima piena di desideri, fra i quali si nasconde quello di una scuola come la vogliono loro. E aspettano che arrivi.
E’ nostro dovere dargliela, fargliela vivere.
Pensa se sapessero che per migliorare sappiamo solo mettere una zeppa alla cattedra…
Valerio col suo gruppo doveva studiare uno strumento d’indagine da consegnare ai bambini della scuola dell’infanzia.
Voleva chiedere:
1. Chiudi il rubinetto quando lavi i dentini?
2. Bevi l’acqua del rubinetto a casa?
Ma il problema è che i piccoli ancora non sanno leggere e scrivere SI’ o NO.
E allora come si fa?
Ci inventiamo due bottoni da colorare: se vogliono dire sì, colorano di verde; se vogliono dire no, colorano di rosso.
Non so: forse per il giornalistone della cattedraatremetrisoprailcielo, sarà un risultato trascurabile il fatto che un bambino di 9 anni riesca a pensare alle capacità e ai bisogni di un piccino di 3 anni e trovare il modo migliore per comunicarci.
Per me è una specie di miracolo… e che ci vuoi fare?
E poi il gruppo di Valerio ha anche fatto l’indagine ed è andata splendidamente, come era splendida la sua idea.
I bambini di 3 anni hanno partecipato ad un’indagine per merito suo.
A scuola non servono le cattedre, servono le idee, lo spazio e il tempo da dedicare ai bambini e al loro modo preferito di imparare: a noi insegnanti sta la capacità di concretizzare in apprendimento tutto questo.
Se scendi dal piedistallo e stai a guardarli accucciata accanto al banco, ascolti, regoli, correggi e indichi strade percorribili, lo assorbono.
A questo serve la libertà d’insegnamento: a decidere il modo migliore.
Allora….che grafico vogliamo fare?
“Atttortamaéééé ”
“Ma voi scherzate! Ma questa è roba da quinta!”
“Tu diccelo maé che poi vediamo…”
Questa è scuola…
La cattedra come armadio ci piace un sacco.