Ultima modifica 18 Giugno 2018
Ho guardato l’inquietante immagine di tutte queste persone, immobili con un libro in mano che, manifestavano per la soppressione di un diritto. E mi sono chiesta come mai, il mondo sia così cambiato da quando, ho iniziato a leggere sui banchi di scuola che, si dimostra affinché un diritto sia riconosciuto, non il contrario. Ho provato inizialmente un senso di disgusto, per manifestanti è ovvio, che poi lentamente è scemato, trasformandosi in un sentimento di ilarità che, a dispetto dell’importanza del tema della difesa della famiglia e alla faccia di chi pensa che, una consuetudine può prevalere sulla diversità delle forme di amore, ho poi cominciato a ridere a crepapelle.
Sì, a ridere. Perché forse, la leggerezza è l’arma migliore per combattere la stupidità. E allora ho ripensato a un film di Benigni, Tu mi turbi, del 1983.
Tu mi turbi è un film in quattro episodi che parla di Dio. Nel primo episodio Il pastore Benigno- lo stesso Benigni- fa da baby-sitter al piccolo Gesù che non la smette di fare miracoli “casalinghi” (come per esempio camminare sull’acqua della tinozza dove dovrebbe farsi il bagno). Il pastore gli insegnerà molte cose che gli saranno utili in futuro, poi, in un monologo che va dal demenziale al poetico confida al Bambino di essere ancora innamorato di Maria, anche se ormai da qualche tempo si è sposata con Giuseppe.
Nel secondo un angelo disperato vaga per la città in cerca della sua metà che lo ha lasciato per Dio. Nel terzo c’è un tizio disperato che va in banca per richiedere un prestito al direttore che si chiama Dioloaiuti ed è semplicemente esilarante. Nell’ultimo, invece, due militi, fermi come sentinelle davanti all’Altare della Patria a guardia del monumento del milite ignoto, cominciano a farsi degli scherzi per finire poi a dimostrare l’esistenza di Dio.
Perché racconto tutto questo e cosa ci azzecca, Tu mi turbi, di Benigni, con la resistenza passiva di questi paladini dell’idiozia?
Ci azzecca, eccome. E per spiegarlo, prendo in prestito le parole dello scrittore Giovanni Pannacci postate ieri su facebook.
“Rimante lì per sempre, sentinelle, ve ne prego.
Portate fino all’estremo del tempo la vostra fiera coerenza. Sarà così poetico osservare le cicogne costruire il nido sulle vostre teste, la buganvillee fiorire attorno alle vostre orecchie. State lì, baluardi dell’inutile vero e dell’inutile giusto, immobili con i vostri occhi di pietra fissi su un unico libro. Noi passeremo veloci e vi schiveremo abili con mille libri nelle borse e mille rotte dentro gli occhi, allenati come siamo a inseguire, amori, speranze, devozioni, a volte deviando all’improvviso che, le cose non vanno mai dove ti aspetti e cambiare direzione è necessario, perché la vita è movimento, transito, è ricerca.
Ma voi che ne sapete, nati già diroccati, allora siate ciò che dovete essere. Nani d’argilla, statue di sale, stalagmiti create dalla distratta noncuranza del tempo. Depositi calcari. Rimante lì per sempre, sentinelle, ve ne prego. Donne e uomini fissati al perno delle vostre fissazioni.
Nel caso ci penserà il vostro Cristo, dovesse un giorno tornare con la croce sulle spalle, a dirvi: Toglietevi di qua, sciocchi, non vedete che devo passare?
State ostacolando il mio cammino”.
La sentinella è un soldato armato incaricato di un turno di guardia in un determinato luogo, a scopo di protezione o di custodia. Benigni e Pannacci mi fanno pensare che, l’unica cosa da custodire e preservare sia l’amore. E una famiglia attecchisce dove c’è amore, indipendentemente dal resto.
Raffaella Clementi