Ultima modifica 17 Aprile 2013


INVALSI : Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema educativo di Istruzione e formazione.

Una mamma che non ha ancora il bambino in prima elementare, all’open-day della nostra scuola che si è tenuto a febbraio, mi ha chiesto se c’era da preoccuparsi per queste “verifiche”.

Io credo che questo sia lo specchio della non chiarezza di queste prove, in generale, sia a livello di  informazione che di finalità: ho risposto che non c’è da preoccuparsi per tanti motivi racchiusi nel fatto che le insegnanti la informeranno al momento opportuno, ma i bambini sapranno cosa fare, senza problemi e per di più non saranno valutati sui test perché anonimi.

Le Prove INVALSI sono, appunto, quei test proposti  in seconda e in quinta (per la scuola primaria), che tanto hanno spaventato insegnanti, bambini e genitori…e forse ancora destabilizzano un po’ tutti. Queste si propongono come base per la valutazione del sistema scolastico italiano e da anni i loro risultati ci fanno notare punti di forza e, soprattutto, le carenze dei nostri studenti.
Provo a scavare un po’ ovunque in questa realtà, per spiegarmi meglio, ma sempre seguendo il mio punto di vista.

Queste prove esistono da circa 10 anni e nel corso di questo periodo hanno creato un po’ il panico nei docenti poiché le domande presenti nei test, pur rientrando nel programma, incontravano le difficoltà dei bambini, sempre e comunque.

Ci hanno lentamente fatto capire che manchiamo in qualcosa…senza mai dirci direttamente e concretamente in che cosa nello specifico. E’ come se noi correggessimo un compito al bambino mettendogli 5 senza spiegargli il motivo….E andiamo avanti.

Aggiungerei che fare gli indovinelli agli insegnanti invece che stilare la serie di mancanze, comunicarle e fare un po’ di aggiornamento (che potrebbe anche essere una buona idea) allunga solo i tempi del cambiamento auspicato: i soldi delle prove inoltre potrebbero essere spesi per l’aggiornamento e queste si potrebbero ripetere a distanza di 2-3 anni per vedere i miglioramenti…Ma andiamo avanti.

A questo punto, visto che non si scorgono messaggi di fumo in lontananza, si può dire che ci stiamo seriamente attrezzando per arrivarci da sole/i (anche a livello di iniziative nelle singole scuole)…ce la possiamo fare. Posso parlare per la matematica, perché è la mia disciplina principale.

Ho passato i primi anni delle prove INVALSI a dirmi che questi bambini avevano senz’altro bisogno di ragionare di più in modo autonomo.

Ho lavorato di conseguenza sui testi che avevo, ma lasciandoli un po’ più liberi e “soli” durante il lavoro. Le prove successive, pur essendo i risultati sopra la media nazionale, mi facevano ancora paura, perché comunque gli alunni cadevano spesso anche su conoscenze che avevo dato per acquisite.

Allora ho cominciato a chiedermi cosa vogliono farmi capire in modo serio: che è sbagliato non tanto il traguardo quanto il processo per raggiungerlo… ecco a cosa mirano. E comunque il traguardo doveva essere più articolato e meno semplicistico.

Bene.

Mi sono battuta la mano sul petto per un po’, poi però mi sono venute in mente un paio-tre cosette:

  1. ci hanno costretto ad usare per 5 anni di seguito testi scelti da altre insegnanti (mossa molto intelligente simbolo di elasticità, flessibilità e testimone della tanto sbandierata libertà di insegnamento…);
  2. non abbiamo a supporto nessun modello se non quello da noi creato;
  3. nessuno dai piani alti viene a dirci: prova questa strada…sarà più utile dell’altra.

Bene.

Ho iniziato a girare in Internet quasi tutti i giorni e mi sono accorta che dalle più grandi università italiane escono tesi di laurea meravigliose che dovrebbero essere il pane quotidiano per noi…ma nessuno le diffonde. Se le tengono per sé…come se riguardassero un altro mondo.

Costerebbe così tanto un collegamento continuo tra università e scuola?

Arrivano tante di quelle circolari che una con i link da guardare per aggiornarsi, inviata dalle segreterie alle mailing list delle insegnanti non comporterebbe un problema, né un costo, né una grossa perdita di tempo.

E se le scegliesse il MIUR o lo stesso INVALSI sarebbe più pratico per noi, che andremmo a colpo sicuro….e senza costi per nessuno…

Andiamo avanti.

Oppure costerebbe così tanto fare incontri mensili con un laureando (o – ato) che venisse a darci qualche input per modificare le nostre reti di conoscenza e di trasposizione dei saperi?

Il bello è che noi abbiamo periodicamente in classe i/le tirocinanti, provenienti dalle “Scienze della formazione” (a testimonianza del fatto che “dovrebbero imparare sul campo da noi e dai bambini”), ma alla fine del corso e delle loro splendide tesi, niente ci viene restituito.

Non lo trovo giusto.

Ma io alcune tesi me le sono lette da sola.

Bellissime, piene di spunti che fanno capire con esempi chiari, che il nostro errore fondamentale sta più spesso nella trasposizione del sapere, piuttosto che nelle conoscenze, nel percorso piuttosto che nel traguardo.

Ci sono libri meravigliosi sui nostri errori di trasposizione: una bibliografia specializzata garantita dal sistema INVALSI (che sa cosa vuole da noi) dove poter fare aggiornamento non si potrebbe avere?

Sono misure così gratuite che mi domando perché non vengano attuate.

E poi mi chiedo: perché tanta ostinazione nel trovare le carenze del sistema italiano se poi “si confida così tanto” nel fatto che le insegnanti costruiscano nuovi saperi, nuovi percorsi, nuove strade della formazione quasi completamente sole con il loro auto-aggiornamento?

Chi ha qualche risposta faccia un fischio…intanto noi andiamo avanti.

 

Ylenia Agostini

La redazione del magazine. Nato nel maggio 2013, da marzo 2015, testata registrata al tribunale di Milano. Mamme di idee rigorosamente diverse commentano le notizie dell'Italia e del mondo, non solo mammesche.

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