Ultima modifica 31 Agosto 2016
Chi ha figli, sa molto bene che a scuola, come del resto in qualsiasi altro contesto sociale (palestra, piscina, musica…), si possono imparare tante cose positive ma anche alcune meno buone. E questo non vale solo per i grandicelli, bensì anche per i più piccoli che a partire fin dalla scuola materna, oltre ad apprendere a stare con gli altri, regole, nozioni e informazioni importanti, possono acquisire anche comportamenti, modi di fare e parole decisamente meno adeguati e appropriati.
Infatti l’entrare in contatto con altri bambini, implica anche conoscere comportamenti e linguaggi diversi e non sempre “positivi”.
Pertanto non è così strano o raro ritrovarsi improvvisamente dinanzi a nostro figlio che compie gesti mai visti prima, gridare o urlare come non aveva mai fatto oppure addirittura pronunciare parole volgari che sappiamo non far parte del suo vocabolario.
Alla reazione inziale di stupore e di disappunto, spesso verrebbe spontaneo di reagire con rabbia ma così facendo, il rischio può essere paradossalmente quello di rinforzare negativamente questo tipo di atteggiamento dato che seppur in modo negativo, il bambino finisce così per richiamare la nostra attenzione, e anche di avere una reazione critica senza dargli la possibilità di comprendere che cosa non va bene.
Allora che cosa è consigliabile fare in questi casi?
Intanto, come già detto, partiamo dal presupposto che entrare in contatto col mondo esterno implica osservare e venire a conoscenza di informazioni, parole e gesti che possono essere sia educativi e “positivi” che diseducativi e “negativi”.
Come dicevamo, la reazione repressiva non funziona, in quanto non dà la possibilità ai bambini di comprendere che cosa non va bene e soprattutto perché rischia di istigare la reazione contraria.
Al contrario, è preferibile cogliere l’occasione per far capire ai nostri figli che quel determinato comportamento oppure quella particolare parola non va bene spiegando con parole semplici e comprensibili il motivo.
Infatti a questa età i bambini sono “spugne”, spinti dalla curiosità e dal desiderio di conoscere, apprendono e recepiscono tutto ciò che arriva dall’esterno ma non dispongono ancora dei filtri psico-cognitivi necessari per distinguere ciò che funziona e va bene da ciò che non lo è. Ed è proprio per questo motivo che l’intervento di mamma o papà, come anche di qualsiasi altra figura educativa, è importante: decodifichiamo ciò che il bambino porta, glielo restituiamo attribuendogli un significato (positivo o negativo) e attraverso questa chiave di lettura esterna, il bambino impara a distinguere ciò che va bene da ciò che non è positivo, quindi a tracciare dei limiti e delle distinzioni che piano piano interiorizza e fa sue.
In questo modo con la crescita imparerà a sviluppare il cosiddetto pensiero critico e ad acquisire anche gli strumenti per reagire alle situazioni difficili o brutte che possono presentarsi, proprio in virtù della palestra sociale fatta e degli interventi educativi da parte dei genitori e delle figure educative di riferimento.