Ultima modifica 27 Agosto 2018
La storia che sto per raccontarvi oggi, di questo bimbo asessuato, era diventata virale qualche tempo fa. Ma leggendo in rete, tra i magazine internazionali, mi si è parata davanti solo ora, e mi sono incuriosita.
Storia di Storm bimbo asessuato
In inglese è più semplice, perché in questa lingua nomi e aggettivi non hanno genere. E dunque kid, baby, child, vanno bene sia per indicare un bimbo che una bimba.
E di un bebè infatti stiamo parlando. Un bimbo asessuato di nome Storm.
In inglese, meglio canadese, luogo di nascita del bebé, Storm è un nome neutro.
Il bebé in questione è nato nal 2011. Oggi è un bel bebè biondo, con gli occhi blu, i cui genitori continuano a far parlare di loro, e della decisione di far crescere Storm come bimbo asessuato.
Kathy Witterick e David Stocker hanno oggi rispettivamente 44 e 45 anni. Sono di Toronto e hanno tre figli. Storm, Jazz e Kio. E’ una famiglia tranquilla, normale. Normalissima a giudicare dalle foto. Ma hanno deciso che la loro famiglia avrebbe dovuto essere “gender-free”. Perché convinti che i bambini sentano la pressione delle convenzioni sociali legate al genere.
Così hanno pensato di tenere segreto al resto del mondo il sesso dei figli. Persino ai nonni.
Gli unici a sapere se Storm, Jazz e Kio alla nascita fossero maschietti o femminucce furono le ostetriche. E qualche amico intimo della famiglia.
Alla nascita di Storm, il bimbo asessuato di cui oggi vi racconto, ma anche dei fratelli, Kathy e David non appesero alla porta il classico “It’s a boy” o “it’s a girl”, come nella migliore tradizione anglosassone.
No. David e Kathy rilasciarono un comunicato stampa. Che più o meno diceva, secondo le cronache dell’epoca (la CNN per la precisione), così:
“Abbiamo deciso di non rendere pubblico il sesso di Storm. Un tributo alla libertà di scelta al posto della limitazione. Un sostegno a quello che potrebbe essere in futuro il mondo di Storm.”
E non crediate che questi due genitori volessero farsi pubblicità.
In questi abbastanza lunghi sei anni, che sono stati i primi nella vita di questo bimbo asessuato, alla famiglia sono state fatte le più allettanti proposte. Film, libri, interviste nei salotti più popolari d’America. E loro hanno sempre rifiutato.
Considerando la privacy dei loro figli, evidentemente, una priorità rispetto alla notorietà e alla ricchezza.
Inutile dire però che all’indomani del diffondersi di questa notizia ci fu un gran dividersi tra chi (i più ovviamente) pensava che questi genitori fossero pazzi, e chi invece li appellava come molto “inspiranti”.
Crescere un figlio in modo asessuato è certamente, mio parere, un estremizzazione. Soprattutto se sei convinto che il genere non implichi una sessualità precisa.
Per quale motivo non dare una identità sessuale a dei bambini? Non è forse ancora prematuro crescerli con queste convinzioni? Non è altrettanto “bullizzante” un atteggiamento del genere?
In interviste successive alla nascita di Storm, il papà raccontò della figlia maggiore (è una lei all’anagrafe, ma anche in questo caso, in inglese il sostantivo “baby” è il più usato in casa!) attivista a favore dei trans gender. E sa meglio di me, che me lo sono dovuto andare a studiare quando se ne parlò per la scuola, la differenza tra il genere e il sesso.
Peccato che Jazz abbia oggi 10 anni. E io, se fosse stata mia figlia, avrei preferito vederla giocare con le bambole piuttosto che vederla prender parte a sit-in, seppur a difesa di più deboli.
Ma sicuramente è un mio limite. E magari Jazz tra qualche anno sarà una paladina dei diritti umani e mio figlio un ragioniere di Sorrento (nulla da dire nei confronti della categoria eh?!).
Come dicevo, una parte dell’opinione pubblica si è schierata a favore della scelta del bimbo asessuato. Una minoranza ovviamente.
E anche in alcune di queste ragioni ci può essere del giusto.
Io ad esempio, mamma banale, dopo avere letto di questo bimbo asessuato, mi sono sentita ai limiti dello stalker nei confronti dei miei figli. A volere imporre certe mie convinzioni, a voler loro trasmettere i miei gusti musicali, gastronomici, i miei orientamenti sociali e politici. A insegnare (inculcare) loro che “No, il blu e il nero insieme mai!”.
Figurati a pensare di lasciare loro scegliere se farsi chiamare lui o lei!
E intanto, a ben pensarci, in alcuni casi le imposizioni di pensiero sono più deleterie che utili.
Gli stereotipi che inculchiamo ai nostri figli sono riduttivi. Dove sta scritto che un bambino non possa andar vestito di rosa, o una bambina non possa andar pazza per Saetta McQueen?
Ovviamente io, mamma stalker, mai mi sognerei di nascondere il sesso di mio figlio, o di farlo crescere come un bimbo asessuato. Sarà perché non vivo in Canada. Sarà perché a tutto c’è un limite.
Ma a farmi rivalutare un poco la posizione di questa famiglia è stato un post dedicato a loro, che diceva più o meno così:
“Bravi a questi genitori, per aver pensato di crescere i propri figli senza etichette e distinzioni di genere fin dalla nascita. Essere genitori è sempre un esperimento (e ditemi se non è vero!, ndr), ma la maggior parte fa meno fatica in questo esperimento con regole strette e consuetudini definite. Questa famiglia potrà essere invece felice se riuscirà a restare unita e forte contro attacchi conservatori”.
Per la cronaca, comunque, Storm è una bambina.
Fonte: Huffington Post