Ultima modifica 10 Ottobre 2019

 

Questo è l’ultimo anno di asilo per la mia bambina, il prossimo settembre inizierà la scuola elementare, che qui si chiama primary school. Ecco quindi che ci troviamo di fronte alla scelta: dove iscriverla?

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Le opzioni sono essenzialmente tre: scuola internazionale, bilingue o cinese. Quali sono le differenze? E quali i pro e i contro?
Scuola internazionale: le due scuole internazionali più famose a Suzhou sono Dulwitch College (di impostazione British) e SSIS (di impostazione americana) e sono strutture enormi, frequentate da centinaia di studenti (dato che coprono gli studi dal primo anno di elementari all’ultimo di superiori).
Vengono definite “internazionali” in quanto le lezioni vengono tenute prevalentemente in inglese, gli insegnanti sono madrelingua ed i curriculum di studio seguono i dettami dell‘IB (International Baccalaureate).

I ragazzi devono prima dimostrare di avere un buon livello di inglese, poi potranno accostarsi allo studio di altre lingue, tra le quali anche il mandarino. È la scelta giusta per chi predilige l’apprendimento dell’inglese, per chi si ferma poco (e non ha un grande interesse che i figli imparino il cinese) o per chi prevede un futuro trasferimento in un altro paese estero, dove presumibilmente i figli proseguiranno gli studi in un’altra scuola internazionale. Costano, annualmente, una cifra spropositata. Solitamente gli expat non se ne preoccupano, poiché nella maggioranza dei casi sono le aziende a pagare la retta scolastica dei ragazzi: e di questo le scuole si approfittano, aumentando di anno in anno le fee d’iscrizione. Letteralmente, costano di più di un’università e io mi chiedo se valga davvero la pena di spendere tutti quei soldi per una scuola elementare, se davvero il tipo di educazione e di ambiente che possono offrire ai miei figli sono all’altezza di una retta mensile che equivale ad una paga media italiana.

Scuola bilingue: le lezioni vengono tenute per metà in inglese e per metà in cinese e i ragazzi studiano approfonditamente anche gli ideogrammi. È una buona via di mezzo, ad esempio, per le famiglie “miste”, nelle quali il padre è straniero e la mamma cinese (o viceversa) e i genitori ritengono che sia giusto, per il figlio, imparare molto bene anche il mandarino, sia parlato che scritto. Solitamente costano un po’ meno delle internazionali.

Scuola pubblica cinese: le lezioni vengono tenute tutte in cinese e i ragazzi iniziano il lungo percorso che li porterà ad imparare i caratteri che serviranno loro, finito l’intero ciclo di studi, a leggere e scrivere riguardo qualsiasi argomento (l’alfabetizzazione e la cultura dello studente cinese si basa proprio sul numero di caratteri conosciuti, ma di questo vorrei parlarvi approfonditamente più avanti!). Lo studio degli ideogrammi è una cosa lunga e complicata: ci sono regole ben definite per tracciarli nella maniera corretta, non ci si può improvvisare. E l’unico modo per memorizzarli è quello di copiarli, copiarli, copiarli centinaia di volte. Questo è uno dei motivi per cui la scuola cinese elementare e media è davvero dura per i ragazzi: mi hanno riferito che i bimbi hanno addirittura nove ore di compiti al giorno!

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La cerimonia dell’alza bandiera in una scuola cinese

La scuola cinese viene spesso criticata per essere incentrata solo sulla memorizzazione di nozioni e il superamento degli esami con buoni voti: l’effettivo apprendimento dei ragazzi non sembra essere la priorità, le risposte giuste vengono imposte dall’alto, non serve ragionare molto e l’iniziativa personale non premia.
Solitamente la scuola pubblica non è aperta agli stranieri, ma in ogni caso, anche se noi non abbiamo in programma un rientro a breve e ci terrei davvero tanto che i miei figli imparassero (adesso che sono ancora piccoli e che il loro cervello è fresco e assorbe come una spugna) a leggere e a scrivere il cinese, non credo che li iscriverei in una scuola impostata in questo modo.

L’ideale sarebbe una scuola mista. Ma purtroppo, l’unica che davvero mi piaceva (e che è gestita da taiwanesi) si trova ad un ora di strada da casa nostra. Non me la sento di far prendere a mia figlia lo scuolabus alle sette del mattino e di farla ritornare a casa alle sei (se tutto va bene e non c’è traffico), mi sembra davvero troppo per una bambina di sei anni.

Inutile dire che mi sento responsabile di una scelta che condizionerà il futuro amore dei miei figli per la conoscenza e l’apprendimento e, considerando che da queste parti la scelta della scuola elementare viene fatta anche avendo già in mente l’università, mi tremano le gambe all’idea di prendere una decisione sbagliata. E penso al mio paesino in Italia, alla scuola dietro casa: l’unica scelta che si pone è tra il tempo pieno o parziale. E, ridendo, mi dico che se ho voluto la bicicletta adesso devo pedalare! E incrocio le dita sperando che l’istinto mi aiuti come sempre.

Antonella Moretti

La redazione del magazine. Nato nel maggio 2013, da marzo 2015, testata registrata al tribunale di Milano. Mamme di idee rigorosamente diverse commentano le notizie dell'Italia e del mondo, non solo mammesche.

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