Ultima modifica 10 Ottobre 2019
Sono nata timida. Da piccola ero un vero disastro! Appena verso I dodici anni ho incominciato a farmi dei veri amici e il processo di apertura è durato anni (ero senz’altro conscia di come questa mia caratteristica fosse limitante per la mia vita!).
Con gli anni ho imparato a farmi degli amici più velocemente e facilmente, ma l’ansia di trovarmi, che ne so, ad una festa dove non conoscevo anima viva era ancora fortissima e non riuscivo davvero a mettermi a chiacchierare con nessuno. Per non parlare degli estranei! Anche se avessi voluto trovare qualche scusa per rompere il ghiaccio, la mia testa si bloccava inevitabilmente e non mi veniva in mente assolutamente nulla da dire. Il vuoto totale.
L’espatrio mi ha aiutata anche in questo: quando si è stranieri in terra straniera, comunicare con gli altri espatriati, anche se mai visti e conosciuti prima, diventa molto più facile. Sai cosa chiedere, come rompere il ghiaccio, perché le esperienze sono più o meno le stesse e quindi è facile sorridersi e cominciare a conoscersi con semplici domande.
Nelle riunioni di scuola tra mamme, per strada, ad un party, è facile cominciare il discorso con un:
“Da quanto sei qui?” oppure “Da dove vieni?”. Tra le domande più gettonate sicuro “Quanto pensi di fermarti in Cina?” e “Ti trovi bene?”. Se poi c’è feeling, il discorso si sviluppa articolato, si trovano tanti punti in comune, non si smetterebbe mai di parlare.
É quello che gli inglesi chiamano “small talk”, l’arte di rompere il ghiaccio con domande semplici e non invadenti, di tastare il terreno con argomenti informali per fare conoscenza e, chissà, magari provare a diventare amici. É un’abilità sociale importante, che ti permette di ampliare il tuo network personale e di non sentirti a disagio quando sei di fronte agli estranei.
Mai avrei pensato che avrei imparato quest’arte! La Antonella timida sembra (quasi) essere scomparsa di fronte a questa donna che si avvicina sorridente e inizia il discorso! Certo, mi mancano ancora molte capacità sociali, sopprattutto quando sono in grossi gruppi: mi rendo conto che non so ancora destreggiarmi bene e rischio di fare gaffes. Ammetto che invidio molto quelle donne capaci di destreggiarsi e trovarsi a proprio agio in ogni situazione, dal pranzo formale al pic nic organizzato dalla scuola. Ma c’è tempo di imparare, no? Basta averne la voglia!
Bisogna anche ammettere che in espatrio è molto più semplice “attaccar discorso”, in quanto si sa già come approcciarsi, cosa domandare, cosa si aspetta da te l’interlocutore. Chissà se in Italia sarò capace di applicare queste nuove capacità? Si dice che dalle mie parti la gente non sia molto aperta, come reagirei davanti allo sguardo terrorizzato di un compaesano al quale ho attaccato bottone per strada? Non resta altro che provare.