Ultima modifica 17 Giugno 2023
Oggi sono andata a pulire le vecchie classi e nei sacchi ho cercato di mettere pure tutte le fesserie che riescono a sparare.
Avete notato?
La stampa cartacea e social segue un copione ben preciso: allarme ingiustificato-soffritto di una settimana-notiziona del rientrato allarme che, sugli ignoranti di dinamiche scolastiche, e non solo, prende fuoco come legna stagionata a puntino.
E così le fake news diventano un modo di fare giornalismo, almeno per la scuola, e continuano a girare girare girare… tanto che poi, a volte, ci crede pure qualche insegnante. Punto.
I politici che, ormai, sulla scuola che non conoscono fanno agevolmente campagna elettorale, parlando come se sapessero, a persone che non sanno, ma che si improvvisano neuroscienziati dell’età evolutiva con incursioni schizofreniche degne esperti in scienze biomediche integrate.
Ho messo nei sacchi anche la rabbia per tutto ciò, perché a settembre non può entrare a scuola con me e non voglio nemmeno lasciarla col guinzaglio sul marciapiede per riprenderla quando esco. Ha ragione una mia amica: dopo un’estate a leggere ciò che non è definibile in modo elegante, meglio trovare di che sorridere, come il Pieraccioni fantasticamente attonito nel leggere un problema sulle susine compito estivo per la figlia.
Ed ecco che vado a parlare di qualcosa di inconcepibile, inafferrabile, inimmaginabile per molti italiani: il bambino a scuola.
Ma mi spingerò pure oltre!
Il bambino a scuola al tempo del Covid.
Come sarà?
Il genitore e l’insegnante ovviamente si preoccupano entrambi dell’aspetto pratico: la sicurezza, i dispositivi, i protocolli. E’ giusto.
Prima di tutto dobbiamo assicurarci che si faccia il possibile. Certo.
Sarà un bambino sotto controllo sia a casa che a scuola. Monitorato.
Ricordiamo che sarà un bambino.
Parlo di qualcos’altro.
Sarà un bambino con dentro un mondo che, probabilmente, in pochi finora hanno esplorato in tempo reale riguardo al percorso che ha fatto da febbraio ad agosto.
Come stai?
Come sei stato?
Cosa pensi?
Cosa ti aspetti?
Dovremmo fargliele queste domande e, ovviamente, ascoltare le risposte.
Febbraio 2020 ha significato “fine dei giochi-scuola chiusa” (ma tanto riapre dai…!).
A marzo “non mi devo svegliare presto… non male“.
Ad aprile “noia mortale” nella migliore delle ipotesi. Altrimenti, se mamma e papà hanno perso il lavoro, è diventato “terrore del presente e del futuro”. Il tutto condito dal non uscire di casa.
E la DAD? Cosa è stata per te?
Cosa avranno ascoltato, osservato durante il lockdown?
Come avranno percepito il giorno e la notte…
Cosa gli sarà piaciuto e cosa invece avranno odiato? Avranno rinunciato a tutto?
La famiglia avrà aiutato a comprendere la serietà e l’importanza di un impegno, pur essendo piccoli?
Io ci penso perché alla fine dovremo capire chi ci troveremo di fronte.
Avremo bambini contenti di andare a scuola, bambini delusi o persino oppressi dal nuovo ordine delle cose, bambini consapevoli che ci sono regole importanti per la loro salute e per chi gli sta intorno.
Ci saranno anche i bambini inconsapevoli, quelli che in estate non hanno sentito affatto che non ne siamo fuori. Ci saranno eccome e starà a noi fargli capire che dovranno metterci del loro, perché sennò potremmo anche tornarcene chiusi in casa verso un nuovo “fine dei giochi” che non farà comodo né a loro, né ai loro genitori.
Li avremo tutti e non tutti avranno la capacità necessaria di accogliere subito e direttamente le nostre richieste.
Dovremo prima parlarci, ma parlarci tanto, perché si dovranno sentire ascoltati e compresi, prima di spingerli ad imparare.
Sì, imparare è un po’ il senso della vita per un bambino.
Guardavo mia figlia che tagliava le listine di zucchine e peperoni in cubetti, tira su la testa e “Mamma ma vedrai che tra poco imparo pure a tagliarli da quando sono interi”.
A cosa servirà parlare e farli parlare soprattutto?
Servirà a fargli capire che possono.
Possono esprimersi, fare domande sempre, schiodare così qualche piccola paura trovando nei compagni qualcuno che capisce (c’è sempre qualcuno che ti capisce, tra i tanti).
A fargli capire che una brutta esperienza, insieme a chi ti capisce, poi si supera anche.
E leggeremo le storie con i mostri e i draghi, perché…
Le fiabe non raccontano ai bambini che i draghi esistono. I bambini sanno già che i draghi esistono. Le fiabe raccontano ai bambini che i draghi possono essere uccisi.
Gilbert Keith Chesterton
E a scuola, finché la mente non si sente un po’ in pace, non impara bene bene.
Quindi papà, mamme, nonni e zii, se all’inizio non sarà tutto uno scriverescrivere, non vi allarmate: la scuola deve trovare, prima di ripartire con una nuova pelle, un suo andare.
Date tempo, date la possibilità ai bambini di capire perché e come.
Ci vuole un tempo di ascolto.
Ci è sempre voluto, ma stavolta ancor di più: è quel misterioso tempo perso in cui non si fa scuola, ma si fa la persona… che va a scuola al tempo del Covid.