Ultima modifica 12 Marzo 2018
Dove può arrivare il desiderio che tutti riconoscano il figlio adottivo come biologico?
A volte talmente lontano da allontanarsi persino dalla legalità e soprattutto dalla verità.
Spesso ho letto di figli comprati, bambini passati da una madre all’altra per pochi o tanti spiccioli come se una vita umana avesse un valore monetario.
Oggi l’ennesima lettura di una storia del genere mi porta a domandarmi perché alcune coppie si spingono in certe acque pur di non rivelare che loro figlio non è un figlio di pancia ma un figlio del cuore?
Forse alcune coppie pensano ancora che essere infertili sia un disonore.
Credono che la propria vita di coppia diventi “riconoscibile” e completa solo nel momento in cui arriva un bambino di pancia a proseguirne la catena genealogica.
Non vivono l’arrivo del bimbo come qualcuno da amare e far crescere donandogli ben più del DNA ma un piccolo essere al quale donare tante piccole somiglianze date dal proprio modo di essere più che dall’imprinting genetico.
Gente disposta a sborsare ben più della cifra, già molto alta, che richiede un’adozione pur di nascondere agli altri la ‘vergogna’ dell’essere incapace a generare un figlio.
Ma mi chiedo, se l’incapacità a generare un figlio è una malattia purtroppo molto diffusa nel nostro tempo, perché certa gente la vive come una vergogna?
Ci sono malattie come questa o come le malattie mentali che ancora non riesco ad essere riconosciute come tali e che vengono mascherate, nascoste e negate.
Dove però può arrivare la disperazione di una coppia infertile?
A che punto si arriva a soffrire per l’infertilità se l’egoismo di un singolo – sia esso il genitore biologico o l’acquirente – prende il sopravvento e viene definito un atto d’amore?
Perché, a prima vista, chi agisce in questo modo sembra mosso dall’amore.
Proprio come successo ai genitori della neonata che hanno deciso di nascondere al mondo la sua provenienza.
Agli occhi di una mamma che ha scelto la via dell’adozione con tutti i suoi pro ed i suoi contro, però, sembra che in storie come queste vinca solo l’interesse degli adulti, consumisti che vogliono tutto e subito da una parte, desiderosi di denaro dall’altra.
Voglio solo avere una speranza, magari farò l’ennesimo sogno ad occhi aperti e metterò ancora una volta gli occhialetti rosa con cui insisto a guardare la vita e le sue vicende ma spero che la madre della neonata credesse nella possibilità di dare a sua figlia una vita più facile, migliore di quella che lei stessa potesse darle e che quei “ trenta denari” fossero un aiuto per andare avanti nella sua vita e non il valore che dava alla figlioletta appena partorita.
Non voglio pronunciarmi sulla coppia, non conosco tutti i risvolti della vicenda ma sembra che non avessero avuto l’idoneità alla domanda di adozione e forse una ragione profonda c’era. Almeno questa volta i servizi sociali si sono mossi in maniera adeguata e in tempi idonei. Almeno per la piccolina un lieto fine sarà già scritto: una famiglia nuova che la ami per quella che è e non per farne bandiera del proprio nascosto fallimento di vita.