Ultima modifica 29 Settembre 2016

Il fatto: ROMA – Il divieto di fecondazione eterologa, previsto dalla legge 40, «condiziona» la «possibilità delle coppie eterosessuali sterili o infertili» di «poter concorrere liberamente alla realizzazione della propria vita familiare». Lo scrivono i giudici di Milano che hanno sollevato la questione di incostituzionalità della legge davanti alla Consulta. Il Tribunale civile di Milano, con un’ordinanza depositata il 29 marzo scorso, ha stabilito che il divieto di fecondazione eterologa si pone in contrasto con alcuni principi costituzionali, tra cui il diritto fondamentale all’autodeterminazione della coppia, il principio di eguaglianza tra coppie e il diritto alla salute. I giudici chiedono, dunque, ancora una volta, alla Consulta di pronunciarsi sulla legge 40 che ha per l’ennesima volta subito una bocciatura.

In altri termini, la faccenda è tutt’altro che chiusa.

Fermo restando che la Consulta si è espressa più volte sui ricorsi alla legge, dichiarandone incostituzionali alcuni punti e modificandone il dettato originale (tali cambiamenti meritano una riflessione a parte), rimane da modificare lo zoccolo duro della legge, in altre parole la fecondazione eterologa, cioè, il ricorso a ovulo o seme di donatore esterno alla coppia. Questa pratica è vietata dalla legge 40, mentre è consentita in molti paesi esteri.

Fecondazione eterologa, conosciuta anche come ovodonazione, quando a essere donati sono gli ovuli, o come il lato oscuro della pma.

Fecondazione eterologa, due parole che fanno tanta paura.

Alcuni termini, come questi due, paralizzano, rimandano a immagini che non siamo abituati a vedere. Certe parole emergono inaspettatamente dalla bruma più vischiosa. E si fanno spettri, s’irradiano nei timori, nei silenzi, nelle cose non dette. Tra le opinioni della gente. Nelle credenze, negli usi. E si fanno tabù, si fanno visioni distorte della realtà.

Parole che non si è pronti a sentire, parole che non vorremmo ascoltare, perché farlo implicherebbe lo spogliarsi di pregiudizi, zittire il cuore, usare il cervello e tentare di capire. Senza preconcetti, senza indici puntati. Si ha paura di impararne il significato, si ha paura che a pronunciare certe parole, poi, ci si debba fare i conti veramente.

Un conto è leggerle sui giornali, un conto ipotizzare il ricorso a esse, un altro è venirci a patti.

E, allora, forse è meglio conoscerle più a fondo queste due parole, forse è meglio spogliarle dei veli dell’ipocrisia. Fare un atto di onestà intellettuale e cercare di capire, comprendere, andare oltre le proprie convinzioni. La fecondazione eterologa è l’altro lato della pma. Quello che nessuno dice, quello che neanche le attrici o le persone note, affrontano. E anche quando vedi donne importanti piuttosto augee sbandierare ai quattro venti le loro meravigliose pance e le senti dire che sono ricorse alla pma, non all’ovodonazione, non alla donazione di gameti, sperma o altro, ci si rende conto che siamo ancora lontani, ma tanto lontani dall’idea di paese laico e civile.

Perché la fecondazione eterologa non è solo questo: non è procreare in tarda età, o almeno, non solo.

Eterologa è opportunità di concepire dopo un cancro, dopo una menopausa precoce, dopo una malattia genetica. Ma non si vuole capire, non si vuole comprendere.

Eterologa ci passa accanto trascinandosi dietro il lato oscuro della pma e si porta dietro miliardi di altri tabù. Quelli legati alla chiesa, alla religione, ai valori laici, ai diritti umani. Perché è difficile raccontare la propria verità in un paese dove la scienza è ritenuta un progresso, ma, al tempo stesso, un limite e la medicina sovverte l’ordine di alcune idee.

Perché la gente non è ancora pronta per capire i gesti d’amore speciali, quelli delle donne che donano i propri ovociti a donne incapaci di creare la vita ma che moltiplicano l’amore nel riceverli e quelli degli uomini che donano il proprio sperma come donassero sangue per permettere ad altri uomini di essere padri, di essere famiglia. Una famiglia nuova, creatasi in maniera diversa.

Perché concepire grazie ad una donazione significa mettere al mondo figli in modo diverso. E questo mondo non è pronto alla diversità. La reazione del nostro paese alla diversità lascia seri dubbi circa il grado di educazione alle cose che si discostano dal comune sentire.

E’ facile quando i figli semplicemente arrivano dopo aver fatto l’amore, calati dentro la normalità, perdere di vista la possibilità dell’eccezione. Siamo così abituati alle cose che vanno in un certo modo da non riuscire neppure a concepire che le combinazioni delle diverse verità siano infinite.

Mi domando se quelli che sono abituati a sparare a zero contro l’eterologa si siano mai posti delle domande: “Com’è dover ricorrere a una donazione? Com’è cercare un figlio, provarci e non trovarlo?”.

E allora mi chiedo: perché la donazione di organi è un atto di un’umanità che abnega mentre la donazione di gameti è ritenuta moralmente raccapricciante?

Perché chi è costretto a ricorre alla donazione di gameti deve sentirsi in colpa nei confronti di Dio, di una Chiesa lontana dal dolore umano, nei confronti di uno Stato che lo considera un fuorilegge, nei confronti di un figlio che è, a tutti gli effetti, un figlio proprio?

Vorrei provare a pensare di equiparare la donazione di ovuli e sperma alla donazione di organi, midollo, o a qualsiasi altro tipo di donazione senza la quale un essere vivente non vivrebbe.

 Credo fortemente di comprendere e sentire le donne e gli uomini che vi ricorrono perché credo nel diritto di scelta della coppia e trovo che le ragioni di opposizione a questo tipo di donazione possono essere solamente di tipo religioso, non trovando altra ragione logica o etica a questo divieto. Ma se non ricordo male lo Stato Italiano è uno Stato laico privo di religione di stato (dal 1984) e che, per questo, dovrebbe rispettare le opinioni morali di tutti i suoi soggetti senza volerne imporre una specifica.

Un conto è giudicare, diversa cosa è cercare di capire come tutelare il diritto naturale dei figli dell’eterologa, come tutelare il genitore, in che modo spiegare che un’altra/o ha donato ciò che mamma e papà non avevano.

C’è una nuova generazione di bambini (circa tremila), concepiti all’estero grazie alle banche del seme e degli ovociti, figli dell’amore e della scienza ma portatori anche di nuovi interrogativi, giuridici, psicologici, etici, come ad esempio rivelare le origini o mantenere il segreto; permettere l’accesso all’identità del donatore, o invece vietarla. in Italia e il loro numero cresce di anno in anno. Sono sempre di più anche le donne single che diventano madri con il seme congelato, pianificando così una maternità “a prescindere” da un compagno, o coppie lesbiche che si rivolgono a centri specializzati o omosessuali che diventano padri attraverso la maternità surrogata. Un panorama demografico che cambia ogni giorno, muta, si complica.

E allora mi domando ancora se questo paese è in grado di comprendere, di reagire ad un mondo che cambia, di abbandonare vecchi preconcetti e di affrontare una realtà in divenire. Di riconsiderare la libertà e la laicità di certi valori, di andare incontro al progresso scientifico e sociale.

L’ho detto e lo ripeterò fino a che avrò voce: non vi è nessuna differenza tra la donazione eterologa, la fecondazione omologa o l’adozione di un bambino. E’ genitore chi ha partorito allo stesso modo di chi non l’ha fatto ma ha allevato un figlio. Si è genitori dei propri figli indipendentemente da come siano stati materialmente concepiti.

 Il concepimento è un atto meccanico che può avvenire in circostanze anche non legate all’amore o può avvenire artificialmente ma con un amore immenso.

E’ solo diversa la strada che si decide di prendere per arrivare al figlio che ci aspetta.

Spero solo che i nostri tribunali siano all’altezza dei nuovi compiti.

Raffaella Clementi

 

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